La stazione di Zima - Roberto Vecchioni

"Cosa ci strappa dal nulla?": don Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, ha posto recentemente la fondamentale questione al popolo del movimento.

Il "nulla" di cui si vuole approfondire la presenza nella vita di ogni uomo è il nichilismo: "Non stiamo alludendo a una corrente culturale - precisa il sacerdote - ma ad una situazione esistenziale" e cita come esempio una poesia di Cesare Pavese: "Andare per le vie solitario / tormentato in continuo dal terrore / di vedermi svanire sotto gli occhi / le creazioni a lungo vagheggiate / sentire affievolirsi dentro all’anima / l’ardore, la speranza ... tutto ... tutto / e restare così senza un amore / (... ) / dannato alla tristezza quotidiana".

Già nel 1997, don Luigi Giussani, in alcune meditazioni, nel 2021 pubblicate nel volume "Dare la vita per l'opera di un Altro" (Bur Rizzoli) andava in profondità di questa condizione umana: "L’unico vero mistero è dunque questo: come mai ci sono io? Come io consisto? Come consiste questa cosa che c’è davanti a me? Il razionalismo nichilista riduce tutto all’affermazione dell’uomo, una violenza di fronte a sé stessi, di fronte al mistero del mondo".

Proprio nell'anno di quelle riflessioni, Roberto Vecchioni pubblica un brano che esplicita questa parabola esistenziale e la relativa posizione umana davanti alle domande che sorgono nel vivere quotidiano: "La stazione di Zima", contenuta nell'album "El bandolero stanco"

Vecchioni è uno dei cantautori che, a partire da una problematicità irrisolta nel rapporto con il fatto religioso (laureato in lettere con una lunga carriera di docente e una specializzazione in Storia delle religioni) ha costruito una serie di canzoni impregnate spesso di quel nichilismo, così ben esposto dai due sacerdoti.
Ma se, questo elemento esistenziale è decisivo e predominante nella produzione autoriale di due prestigiosi suoi colleghi come Guccini e Vasco Rossi (ascoltate il lavoro finale del " Maestrone", "L’ultima Thule", di un raggelante nichilismo), da cui poche volte entra il sole di una coscienza di un Mistero più grande, per Vecchioni, invece, questa ipotesi è presente e suscita come un colpo di reni, che apre un nuovo orizzonte, in questo duello esistenziale con il trascendente. 

Confessa lo stesso Vecchioni in diverse interviste raccolte da Paolo Jachia nel libro "Roberto Vecchioni - da San Siro all'Infinito" (ed. Ancora, 2020):
"Io, in realtà, non ho sempre avuto lo stesso concetto di Dio.
Da giovane, infatti ero più o meno ateo, agnostico, illuminista e comunista (...)
Il valore spirituale, invece l'ho imparato a conoscere lentamente e nel corso della vita.
La mia personale convinzione dell'esistenza di Dio, deriva, in ultima analisi, dall'imperfezione del mondo.(...)
Se noi fossimo perfetti, non saremmo liberi e cioè non esiste libertà senza imperfezioni.
Il mondo è così 'perfettamente imperfetto' da essere per forza divino.(...)
Con 'La stazione di Zima', per esempio, chiedo a Dio che sia Lui a venirmi incontro"

Perché, afferma don Giussani: " Domandare dunque che cosa? Domandare di essere, domandare l’Essere, il Mistero, domandarlo".
E sono proprio queste le ultime parole di questa intensa canzone




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