Giovanni Telegrafista - Enzo Jannacci

Recentemente il prof. Giorgio Vittadini, ordinario di statistica metodologica all’Università Milano Bicocca e presidente di Fondazione per la sussidiarietà (un importante "pensatoio" attivo sui problemi sociali e politici ), durante un incontro pubblico in streaming, ha fatto questa riflessione / confessione:
"Non si può smettere di desiderare, anche se la realtà mi fa cambiare programmi.
Per me Gesù coincide col fondo di questo casino che è la realtà.
La vita è un casino e, in questo casino io voglio che qualcuno mi aiuti, è per questo che ho bisogno di Gesù.
Quando mi angoscio nei problemi della realtà, Signore dammi una mano, ti amo perché sono angosciato, perché la vita continua a cambiare rispetto a ciò che ho programmato.
La vita così com’è, il reale così com’è, in quel casino, in quella fatica, in quell’angoscia, in quella disperazione, ti amo Gesù! "

Il prof. Vittadini racconta la posizione umana che si scorge in molti protagonisti delle canzoni di Enzo Jannacci. Nelle storie musicali del medico cantautore si canta di uomini e donne con un’urgenza nel cuore.
Lo spiega lo stesso Vittadini (che incontrò diverse volte Jannacci negli ultimi anni della sua vita):
"Ci vuole un anelito alla felicità e apertura. Verso il progresso, la tecnologia, l’Europa.
Ci vuole un cuore urgente come quello di Giovanni Telegrafista nella canzone di Jannacci
".

Il "saltimbanco" dei cantautori italiani nel febbraio del 2009 in un intervista al Corriere della sera, riflettendo su un fatto drammatico che in quei giorni era al centro di un dibattito controverso nella società italiana (la vicenda drammatica di Eluana Englaro ) affermò, procurando un certo scalpore nei "guru" del politicamente corretto: "In questi ultimi anni la figura di Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l’idea di aiutare qualcuno a morire.
Se il Nazareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo, eccome, però avremmo così tanto bisogno di una sua carezza"

Ecco, la carezza del Nazareno per i nostri cuori urgenti, così provati dal "casino della vita".
Come succede a Giovanni Telegrafista, la traduzione in musica di una poesia brasiliana di Cassiano Ricardo, pubblicata da Jannacci nel 1967 come lato B, del 45 "Vengo anch'io. No, tu, no". Un testo non suo (la musica sì) ma nel quale si sentiva rappresentato interamente, tanto da considerarlo il suo brano preferito.
Racconta Andrea Pedrinelli nel suo bel libro sulle canzoni di Jannacci, "Roba minima" (Giunti, 2014):
"Enzo riteneva questo uno dei suoi brani più belli in assoluto. Quando gli chiedemmo quanto valesse per lui, già ultrasettantenne ci raccontò: "Ero a Roma, in piazza del Popolo, Vengo anch’io era in Hit Parade. Mi fermano due bambini, mi riconoscono e mi chiedono se sono quello della TV, e non nego che la cosa mi abbia fatto piacere.
Però uno mi fa: “Guarda che il pezzo bello è il lato B. Lo sento e piango”.
Aveva capito tutto di me. Quel pezzo, Giovanni Telegrafista, cantavo per me stesso, il comico e il tragico.
Quando canti te stesso, arrivi anche ai piccoli.
Ed è allora che una canzone vale davvero"

Che lezione da "un cuore urgente"!


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