La folle corsa - Lucio Battisti

Nella storia del movimento cantautorale italiano, Lucio Battisti non è tra gli iniziatori ma senza dubbio uno dei pilastri, se non addirittura, un punto di svolta.
Per la prima volta, nella seconda metà degli anni 60, al contrario di altri suoi "colleghi" (specie quelli di scuola genovese) che si ispiravano alla struttura musicale degli artisti francesi, è attirato dalla tradizione anglofona e afroamericana.
Puro musicista, Battisti, si affidò fin dall’inizio di carriera alla poetica di Mogol.
I due formarono una coppia leggendaria: nelle loro canzoni, parole e musica, si fondevano mirabilmente.
Storie d’amore, principalmente, il privato quotidiano, mai derive sociali o prettamente politiche come si usava in quei tempi così burrascosi di contestazioni. Mai, anche, ad accenni al rapporto tra l’uomo e il trascendente.
I testi di Mogol per Battisti non hanno mai espressamente parlato di Dio (solo una fugace "tu sola sai se credo in Dio"), forse l’unica canzone che si concede all’esistenzialismo è “Anche per te”.

Nel 1971 Little Tony e La Formula Tre presentano al Festival di Sanremo "La folle corsa" un brano di Mogol - Donida (la stessa coppia de "La compagnia"): pezzo decisamente rock, tanto che il testo scivola via, non è oggetto di particolari attenzioni.
Poco più di una decina di anni fa, però, comincia a circolare in rete un "demo", un provino del tempo di lancio della canzone, cantato proprio da Battisti.
Una sorpresa per gli appassionati del cantautore, perché la stessa canzone non risulta ufficialmente nel suo catalogo, anche se, dopo approfondimenti biografici si è appurato che anche lui partecipò attivamente alla sua stesura.
Sarà per la voce accorata di Lucio a quel tempo "scorretta" e il ritmo concitato della chitarra, che il brano si trasforma, diventando improvvisamente un gospel blues, una invocazione disperata che tramortisce e procura vertigini musicali inaspettate.

C’è tutta una straziante inadeguatezza della condizione umana che si dibatte tra l’amore carnale per una donna, magari solo per una notte, e le fatue ricchezze.
"Io di notte con lei vedo il sole lo sai, ma svegliandomi, poi, il buio. Il denaro che ho, anche lui brilla un po', ma ritorna però il buio.
Io vorrei pregare, ma le mie mani non so unire".


È il desiderio di qualcosa, di Qualcuno che dia un senso alla realtà: "Tu ... dammi la fede persa ... Tu che lo puoi".
È l’accorgersi di una mancanza, di un’assenza.
Rivelati, altrimenti è tutto "una folle corsa".

Non: "voglio cercare un senso a questa vita anche se questa vita in senso non ce l’ha", ma, Tu adesso "dammi la fede persa!"
Per quanto tempo abbiamo "sentito" questa canzone, ma non l’abbiamo mai "ascoltata"


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