Vincenzina e la fabbrica - Enzo Jannacci

"Il senso religioso è dunque il fattore ultimo dei bisogni umani e quindi del bisogno che è il lavoro.
E' per il senso religioso che l'uomo realizza un impegno totale con la realtà affrontando anche un singolo bisogno, ed è in questo impegno, in questa scoperta, che il bisogno diventa strada per il proprio destino. (...) Per questo ogni governo puramente tecnocratico di una convivenza umana è un delitto contro l'uomo, perchè l'uomo non si può ridurre ai fattori di un'analisi tecnica o a funzione di un particolare scopo produttivo; tutto vi rientra, ma nella considerazione della persona intera."
Sono parole di Don Luigi Giussani, da un' intervento ad un raduno di giovani lavoratori di Comunione e Liberazione (il movimento ecclesiale da lui fondato), il Primo Maggio 1987, tenutosi a Bergamo.
Testo integrale in "L'io, il potere, le opere" (Marietti 1820, 2000)
"E' solo il senso religioso che può veramente mettere insieme gli uomini, non solo perchè ricorda che tutti abbiamo la stessa origine e lo stesso destino. (...)
E' solo nel senso religioso che gli uomini si possono riconoscere insieme: imprenditori e disoccupati possono avere un ambito di dialogo e collaborazione non fittizio, non astratto. (...)
La fabbrica rimane quella che è, ma non è più come prima.
Dove una presenza determinata da questa passione per l'uomo esprime generosità, costanza e immaginatività e trova una certa disponibilità, l'ambiente di lavoro non è più come prima. (...)
Perchè il lavoro è l'espressione che l'uomo realizza del suo ideale, è l'espressione che l'uomo compie affermando, abbracciando tutte le cose che gli vengono davanti, per trascinarle verso questo ideale.
Perciò la verità del lavoro sta in quello che il Papa (San Giovanni Paolo II  n.d.r) chiama la cultura primaria, là dove l'uso del mondo è in funzione del destino di felicità del singolo." 

Quando Don Giussani, brianzolo nato a Desio nel 1922, parlava del mondo lavorativo della fabbrica, sapeva bene di cosa stava parlando:
"Massimo Brioschi (studioso locale e curatore dell'archivio storico di Desio) non esita a definire la Desio di inizio Novecento 'una città - officina'.
In quegli anni il salario per undici ore di lavoro è di una lira e cinquanta, una cifra misera anche per l'epoca dato che, per avere un termine di paragone, il pane costa cinquanta centesimi il chilo.
In tale contesto la propaganda socialista non manca di trovare consensi (...)
Sono gli anni della contrapposizione tra socialisti e cattolici (...) tuttavia nella cittadina la contesa non degenererà  mai (...). 'Anzi - racconta ancora Brioschi - vi erano tantissimi che votavano socialista e frequentavano la Chiesa, andavano a messa, partecipavano alla vita ecclesiale del paese senza tanti problemi' (...).
Anche Beniamino - il padre di Don Giussani - (...) è iscritto al Partito Socialista e fino al giorno del matrimonio ne è segretario."
(dalla imponente ed accuratissima biografia "Vita di Don Giussani" a cura di Alberto Savorana, Rizzoli editore, 2013)

Scritta da Enzo Jannacci a quattro mani nel 1974 con l'amico Beppe Viola, "Vincenzina e la fabbrica" compare nella colonna sonora del film "Romanzo popolare" di Mario Monicelli:
"Questa è una canzonetta che parla di coraggio.
L'ho scritta in una notte, ci sono i miei tormenti, c'è la società.
A scuola ci hanno raccontato il coraggio di Enrico Toti, di Napoleone .... ma non ci hanno mai raccontato quello più vero: alzarsi tutta la vita alle quattro del mattino, prendere un treno, andare a lavorare nella fabbrica, starci trent'anni, quaranta, e non poter raccontare a quello che ci viene ad aspettare fuori cosa cavolo stiamo facendo.
Questo coraggio qui non lo raccontano.
Io voglio rendere omaggio a tutte le Vincenzine che aspettano con coraggio i loro uomini che faticano dentro una fabbrica"
"Vincenzina potrebbe essere l'operaio, perchè è un operaio, perchè se io vedo qualcosa che mi emoziona davvero mi viene voglia di mettere giù un testo e allora mi adeguo ad una storia che si va poco per volta delineando dentro me."
(Così parla Jannacci davanti agli studenti aiutati negli studi dall'associazione Portofranco nel 2011)

Ma cosa c'entra tutto ciò con il senso religioso evocato da Don Giussani?
Risponde il prof. Giorgio Vittadini:
"Jannacci aveva una capacità unica di guardare e interpretare la natura umana nella sua profondità, l'umano con dentro una spinta a vivere così intensa da ferirlo.
E quell'umano andava a cercarlo nei personaggi di periferia: il barbone con le scarpe da tennis, Vincenzina davanti alla fabbrica .... personaggi con bisogni e desideri così veri e autentici che non potevano trovare risposta nel consumismo dilagante; 
bisogni e desideri tali da non poter essere messi a posto nemmeno da un cattolicesimo formale o da una tranquilla vita borghese"

"Enzo Jannacci se ne è andato la sera del Venerdì Santo, nel 2013, la sera che quel Cristo che lui ricordava con tanto affetto, muore sulla croce.
Forse non è un caso, anzi sicuramente no.
Quel desiderio evocato per tutta la vita, talvolta magari dimenticato, che poi invece tornava a bussare al suo cuore, si deve proprio essere spalancato negli ultimi istanti della sua vita.
Con una carezza, quella del Nazareno, quella carezza che lui ha desiderato per tutta la vita"
Sono parole di Paolo Vites, autore di "Enzo Jannacci. Canzoni che feriscono" (Caissa Italia Editore, 2019) da cui ho 'saccheggiato' un pò di citazioni, insieme ad altre di Andrea Pedrinelli curatore del libro "Roba minima (mica tanto)" (Giunti, 2014), due opere imprescindibili per conoscere la figura umana e artistica di Jannacci.
Diverse sono le versioni con cui negli anni l'artista milanese propose questa canzone, tutte meritevoli di 
attento ascolto.
Vi proponiamo l'ultima, inclusa nel suo "Best"




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