La compagnia - Vasco Rossi

da "Il brillìo degli occhi" di Julian Carron
(ed. Nuovo Mondo, 2020)  

"Nichilismo / carnalità: sono questi i termini che definiscono la nostra situazione di oggi; e non solo di oggi ma di sempre, perchè il nichilismo di cui parliamo non è un fenomeno contingente, è una possibilità permanente dell'animo umano, anche se in altre epoche si sono usate parole diverse per indicarlo.
Al nichilismo, cioè al nulla che ci pervade e a cui siamo sempre tentati di cedere, non possono rispondere meri discorsi, regole, distrazioni, perchè non sono in grado di calamitarci, di conquistare realmente la nostra umanità.
Questo spiega l'insistenza di papa Francesco sul pericolo di ridurre il cristianesimo a gnosticismo o a pelagianesimo.
Al nichilismo, al vuoto di senso, può rispondere solo la carne, uno sguardo incarnato in una suora di ottant'anni o in un amico, ieri come oggi. (...)
O faccio l'esperienza oggi di una presenza che si prende tutto a cuore della mia umanità o in fondo non c'è scampo, perchè nè il discorso nè l'etica nè i diversivi di cui pure disponiamo possono generare quella pienezza che attendo dal fondo del mio essere. (...)

L'avvenimento cristiano ha la forma di un "incontro", un incontro umano nella realtà banale di tutti i giorni.
Non c'è niente di più intellegibile per l'uomo, niente di più facile da capire di un avvenimento che ha la forma di un incontro.
Si capisce, allora, perchè papa Francesco riproponga spesso la frase della 'Deus caritas est' :
'Non mi stancherò mai di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: 'All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva'.
Questo è il metodo di Dio, è il metodo che Dio ha scelto per strappare l'uomo - me, te, ciascuno di noi - dal nulla, dall' impossibilità di compiersi, dal sospetto che tutto vada a finire in niente, dalla delusione malinconica di sè, dalla facilità alla rassegnazione e alla disperazione.'"
E' ancora dal volumetto di pedagogia cristiana di Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione che attingiamo spunti per la vita concreta di tutti i giorni.

"La compagnia", che tutti conoscono cantata da Lucio Battisti, non è un'opera del grande cantautore, bensì è firmata Mogol - Donida
"Carlo Donida Labati è uno dei più grandi compositori che abbiamo avuto in Italia.
Ha scritto canzoni per Tom Jones, per Shirley Bassey ....
mi dispiace che non tutti lo conoscano, perchè è stato, se non il più grande, quello che ha avuto il maggior numero di successi nel mondo.
Donida non ha avuto una collocazione nella mente della gente: ce l'hanno le sue canzoni, ma non lui, perchè era un uomo schivo"
Parole di Mogol per celebrare il ricordo di un grande compositore degli anni '60 e '70 di canzoni pop italiane, con il quale il giovanissimo Battisti collaborò.

Ma torniamo a "La compagnia":
"La maggior parte delle canzoni che ho scritto sono autobiografiche, altre sono inevitabilmente legate alla vita.
Non sono uno che scrive di fantasia. Mi si può definire un cronista, perchè parlo della vita, dei miei sentimenti, del mio modo di essere.
Nei miei testi non c'è pessimismo, c'è realismo: l'amicizia per me è sacra, è un sentimento molto bello che ci consola e ci dà la certezza di non essere soli."
Così Mogol racconta il suo essere uno degli storici autori 'solo' di testi, forse una categoria di artisti oggi in via di estinzione.

"Ho imparato ad amare questo pezzo quando non facevo ancora questo mestiere, l'ho sempre trovato commovente. Qualche tempo fa, poi, l'ho riascoltato in un momento particolare, mentre ero in macchina e mi ha toccato come la prima volta. E' una canzone geniale perchè con un pugno di parole riesce a fotografare alla perfezione uno stato d'animo.
Io, ricantandola, ho aggiunto la malinconia che ci sento dentro, è una storia che mi si addice"
E' Vasco Rossi che interviene su una pagina di un Forum in rete dedicato alla sua attività artistica.
E con i complimenti di Mogol , il "Blasco" ha realizzato una sua intensa versione de "La compagnia" nel 2007
Nella sua interpretazione, il testo, recupera una propria intensità, che forse la voce di Battisti rendeva più algida, con quel falsetto inarrivabile.
Intensità che ben si attaglia al testo presentato nell'introduzione di questo post.
Afferma Mogol:
"Musica e spiritualità, scritti, vita, per me sono una miscela unica. Non ho una mente fatta di caselle."

Maurizio "Riro" Maniscalco, pesarese trapiantato in America, grande conoscitore di musica blues, nel libro "Cosa sarà"(ed. Itaca, 2009) svela il senso definitivo del brano:
"Allora cosa ci trovo qui dentro?
Ci trovo la tristezza, la mia beneamata e preferita tristezza, quel dolore, quel dolore di un bene assente che ti fa uscire 'solo per la strada', ti fa camminare 'a lungo senza meta' ... 'finchè ho sentito cantare in un bar'....
Questa è la sorpresa, la cosa stupefacente, che il tuo cuore addolorato non si aspetta e invece incontra.
La cosa che commuove è che 'La compagnia' ci racconta un fatto, una cosa che succede: non ci sono tante riflessioni filosofiche o sdolcinati sentimentalismi; c'è la tristezza, c'è un incontro inaspettato, c'è il cuore che rifiorisce.(...)
E così, il cuore si lascia prendere da 'una canzone', da un vento di speranza che si comunica da gente in carne ed ossa.
Una compagnia sconosciuta, eppure reale.
Che storia!" 



    



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