Cantico delle creature - Angelo Branduardi

da "Francesco d'Assisi" di Franco Cardini

"Fu sempre durante i circa due mesi di soggiorno in San Damiano per dar qualche sollievo al suo fisico
ammalato che Francesco avrebbe scritto le 'Laudes creaturarum' o 'Laudes Domini de suis Creaturis';
quella composizione in volgare che, con il nome di 'Cantico delle Creature' o 'Cantico di Frate Sole', viene considerata la prima opera poetica della letteratura italiana. (...)
Durante la sua malattia, egli faceva sovente cantare ai suoi confratelli le 'Lodi del Signore': (...) è molto verosimile immaginare il Cantico, come un prodotto di una collaborazione affettuosa tra lui e quanti lo vegliavano e lo servivano nella malattia. (...)
Il Signore del Cantico è il Creatore, l'Onnipotente, il Dio di Abramo.
Certo è però che in questo sentimento della natura, molto c'è di nuovo: il medioevo non amava la natura, nè cullava nei suoi confronti nessun sentimento idilliaco. (...) Gli uomini del medioevo vivevano quotidianamente la loro lotta contro una natura rigogliosa, forte, aspra, che bisognava tenere a bada e sottomettere con un duro lavoro. (...)
(Intanto) le sue sofferenze si erano fatte acutissime (...) uno degli inni più belli e pieni alla vita, alla gioia, al mondo, è nato dalle piaghe e dal dolore.
Qui sta l'esemplarità di Francesco, la sua irraggiungibile incomprensibilità per noi moderni. (...)
Perchè il Francesco-pace, il Francesco-natura, il Francesco-semplicità che tanto ci piacciono e che magari servono sovente da alibi retorici o demagogici, hanno si, una loro realtà, ma solo se inseriti nel loro tempo e commisurati al modello del Cristo.
E, poichè, questo modello viene dai moderni implicizzato o minimizzato o respinto, è evidente che l'esperienza di Francesco, sfugga loro." 

Pubblicato da Arnoldo Mondadori Editore alla fine del 1989, il libro dello storico medievalista e saggista tra i più autorevoli, Franco Cardini, è un testo, direi quasi indispensabile per approfondire, sfrondandola da tutti gli orpelli 'buonisti',  la parabola storica e religiosa di San Francesco d'Assisi.

"Attraverso le canzoni, io non voglio insegnare niente, non ho mai preteso di spiegare niente a nessuno, non saprei quale messaggi di verità comunicare. Perchè il mio interesse è di riuscire a comunicare immagini ed emozioni"
Questo era ciò che Angelo Branduardi, rifletteva sulla sua musica nei primi anni della sua carriera. 
Branduardi, negli anni settanta, in cui spopolavano i cantautori legati all'attualità politica e sociale, e che dipendevano musicalmente dai modelli anglosassoni del rock, si impose all'attenzione del grande pubblico, proponendo brani originali o direttamente ispirati, si al modello anglosassone, ma dell'anno mille, quello medioevale. 
Gran parte del suo repertorio è lo sviluppo di una ricerca appassionata e personale delle radici troubadoriche della musica arcaica, tra la magia e l'esperienza religiosa, quest'ultima via via, negli anni, più definita.

"Vorrei che Dio fosse Qualcuno che, così, semplicemente, senza retorica, mi aprisse le braccia e mi dicesse: 'Tu non sei nè bello, nè buono, hai un sacco di problemi, di dubbi e anche di peccati, ma vieni qui'. Vorrei che Dio mi accettasse con tutte le mie magagne e il mio bagaglio di sofferenze.
Dio è tutto fuorchè lontano da me"
Così confessa nell'intervista raccolta nel libro "Anima mia" da Giampiero Mattei, (ed. Piemme, 1998)

E proprio nell'anno 2000, quello del Giubileo, i frati francescani di Assisi, offrono al menestrello di Cuggiono, l'occasione per concretizzare la sua visione del trascendente: gli chiedono di mettere in musica i testi storici dell'esperienza di San Francesco: i Fioretti e la stessa Regola.
Una richiesta che lo sorprende:
"Ma mi avete preso per Radio Maria? Sono un laico e un peccatore, non faccio musica devozionale.
Risposero: 'Non ha davvero capito niente. Veniamo da lei proprio perchè non rimanga 'intra nos' ma 'extra nos'. E poi, sa, Dio sceglie sempre i peccatori'".
E' un aneddoto che Branduardi ama raccontare per far capire la posizione umana e artistica attraverso cui nasce l'album "L'infinitamente piccolo".
Un lavoro che coinvolgerà la sua intera famiglia, tra ricerche e studi, a partire dalla moglie Laura, che cura i testi delle canzoni del marito da decenni.
Il disco è uno dei più celebrati della produzione branduardiana; negli anni non ha perso smalto e viene riproposto con gran successo in tutta Europa nella sua versione teatrale.

Tra le note di copertina, Branduardi scrive così: 
"La vita di San Francesco d'Assisi è quella di un uomo che diventa Santo e lui è un vero Santo: esemplare ed eccezionale, totalmente cristiano nella sua scelta di vivere integralmente il Vangelo, tuttavia non smette di essere un uomo.
Francesco è un uomo (e quindi un Santo) che sceglie la gioia di vivere, la raccomanda ai suoi discepoli, ama la povertà "mai disgiunta dalla letizia".
Per questo  sento la sua figura fragile e straordinariamente vigorosa, più che mai viva nel contesto delle passioni e dei problemi contemporanei: la povertà, la malattia, l'emarginazione, l'ecologia, l'atteggiamento di fronte all'altro, la guerra. (...)




Questo è: Francesco era poeta, amava cantare ed era Santo"  

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