Itaca - Lucio Dalla

"Ulisse è una delle figure più celebri di tutta la cultura antica, e anche delle più controverse.
Da un lato, infatti, era celebrato come re prudente e seggio e come uomo curioso (...)
Dall'altro era giudicato in modo negativo, come astuto ingannatore, inventore di trucchi sleali ( il cavallo di Troia n.d.r) (...).
La scelta di mettere Ulisse all' Inferno, e in uno dei gironi più vicini a Lucifero, non era dunque scontata. (...) I medioevali però non avevano a disposizione l'Odissea, e conoscevano le vicende dell'eroe greco solo da citazioni parziali attraverso altre fonti."

E' un brano estrapolato dal commento al Canto XXVI dell'Inferno dalla Divina Commedia dantesca, curato da uno dei più appassionati recensori del monumento letterario della lingua italiana, il prof. Franco Nembrini, nel primo poderoso volume edito da Mondadori nel 2018.
E così continua il grande educatore bergamasco: 
"Il figlio, il padre, la moglie: sono i primi affetti dall'uomo, quella prima più prossima rete di rapporti che costituisce la forma della vocazione di ciascuno.
Ne è spia inequivocabile il termine con cui si riferisce al padre: 'pieta', pietà.
Gli antichi identificavano il culmine della moralità di un uomo con quell'atteggiamento che definivano 'pietas' (...)
Il venir meno della pietas per assecondare la sete di conoscenza definisce l'aspetto chiave di Ulisse per Dante: l'insofferenza per tutto ciò che percepisce come un limite. (...)
Dov'e dunque l'errore (di Ulisse)? Certamente non del desiderare! (...)
Ma è nel modo in cui ci poniamo di fronte a quel desiderio, e di fronte alla realtà che lo suscita, che si gioca tutto. (...)
Quel viaggio è 'folle': con questo aggettivo Dante indica sempre 'fuori misura', nemico di ogni limite, di chi conta solo sulle sue forze. (...)
L'umiltà, è la virtù che permette l'incontro con l'infinito.
L'infinito, il Mistero che sta all'origine della realtà, non lo devi cercare aldilà del mare. (...)
Non funziona così.
Al contrario, Dio ti viene incontro attraverso le circostanze in cui ti chiama a vivere.
Così, quella moglie, quel figlio e quel padre sono esattamente il luogo in cui quel Mistero infinito per cui ci si sente fatti, può essere trovato.
Questo è quel che fa la misericordia di Dio: ti viene a prendere lì dove sei, nella 'selva oscura' in cui sei: e a partire da lì devi fare tutto il percorso"

Di queste riflessioni sono impastati anche i pensieri del marinaio della ciurma che segue Ulisse nelle sue peripezie raccontate da Omero, nella canzone 'Itaca' che Lucio Dalla all'inizio degli anni '70 interpretò e compose in squadra con i fidati (a quell'epoca) Baldazzi e Bardotti:
"Capitano che hai negli occhi il tuo nobile destino, pensi mai al marinaio a cui manca pane e vino?
E se muori è un re che muore, la tua casa avrà un erede, quando io non torno a casa
entran dentro fame e sete"

Alcune testimonianze dell'epoca raccontano che per Dalla le rimostranze del marinaio protagonista erano l'emblema della contestazione del mondo operaio e proletario nei confronti del padronato borghese, l'evidenza della lotta di classe, quindi un testo prettamente politico.
Ma Dalla è sempre partito dalla sua educazione cristiana:
"Nelle mie canzoni ci sono molti valori cristiani.
Metterei l'accento sulla parte umanistica della vita, mi pare un aspetto decisivo per affrontare questo benedetto terzo millennio che ormai è arrivato. (...)
Ho paura che l'uomo dimentichi la sua parte umanistica.
Con i progressi tecnologici e scientifici deve incrementare allo stesso tempo lo Spirito.
E' quello che io cerco di fare invitando attraverso le canzoni ad aumentare la propria coscienza nella conoscenza, nella meditazione e nel dare importanza alla dimensione spirituale."
Così Lucio si 'confessava' a Giampaolo Mattei, magnifico curatore del libro 'Anima mia', edito nel 1998 dall'editrice Piemme.
E' proprio questo impeto tra impegno sociale e tensione ideale, che alla fine del brano fa dire al protagonista:
"Capitano che risolvi con l'astuzia ogni avventura
ti ricordi di un soldato che ogni volta ha più paura?
Ma anche la paura in fondo, mi dà sempre un gusto strano,
se ci fosse ancora mondo,
sono pronto,
dove andiamo?"

Ma non finisce qui: come rifletteva il prof. Nembrini, Dio si fa incontro all'uomo nelle circostanze, negli affetti più cari; e così, come turbato da un finale troppo appiattito e rassegnato all'arroganza del "leader", nei concerti, Dalla volle aggiungere una frase finale che non compare nella versione "ufficiale" del disco:
"Ma se non mi porti a casa / capitano, io ti sbrano"
"Itaca, la mia casa ce l'ho solo là, ed a casa io voglio tornare dal mare" 








  
 

Commenti

  1. Bellissima canzone sempre amata, per altro lato B di un 45 che aveva come lato A "La casa in riva al mare", canzone altrettanto fantastica che, mi si permetta l'irriverente paragone, mi ricorda la tematica dell'uomo libero anche se rinchiuso in carcere presente nel recente libro sul cardinale Van Thuan.
    Spunto per un nuovo blog? lo spero

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  2. Grazie, come sempre.
    Sono contento che questi post siano spunto per riflessioni sulla realtà che ci circonda, anche attraverso la buona musica pop ( nel senso di popolare) e rock.
    Espressione artistica così tanto bistrattata dai " musoni" e dagli" intellettualoidi"

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