Non insegnate ai bambini - Giorgio Gaber

da "Educazione. Comunicazione di sè" di Julian Carron
(ed. San Paolo, 2020)

"L'educazione è dare il senso della vita, non è una parola, è un'esperienza.
Il problema dell'educazione riguarda innanzi tutto noi adulti, perchè da noi dipende la possibilità che i giovani, i nostri giovani, possano incontrare una strada per il loro cammino.
E' una strada umana, non è un insieme di discorsi e di parole, di istruzioni per l'uso, ma una vita che si comunica con ragioni adeguate ...
Educa non chi fa propaganda, ma chi si impegna a suscitare qualcosa che è ne ragazzi e ne metta in moto la libertà. (...)

Sono alcune frasi estrapolate da un piccolo, ma denso libro che raccoglie interventi pubblici con a tema l'educazione pronunciate da don Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione.
Questa antologia vuole essere un contributo all'evento voluto da papa Francesco "Ricostruire il patto educativo globale".
Ascoltiamo ancora il sacerdote spagnolo:
"Davanti a questa sfida si infrangono lo scetticismo degli adulti e le ferite dei giovani. (...)
E allora? Dobbiamo gettare la spugna e dichiarare persa la sfida?
'Un imprevisto è la sola speranza' diceva Eugenio Montale. (...)
Se da una parte, questo renderà più difficile rispondere alla sfida educativa, dall'altra - paradossalmente - potrà rivelarsi un' opportunità strepitosa per noi cristiani, potremo testimoniare la sovrabbondanza del rapporto con Cristo, che sperimentiamo, da cui scaturiscono una libertà e una gratuità nel rapporto con l'altro".

3 Gennaio 2003: In una fredda mattina d'inverno milanese si celebrano i funerali di Giorgio Gaber.
Se ne va un artista testimone delle contraddizioni sociali della seconda metà del novecento.
Contraddizioni che attraverso canzoni e monologhi teatrali scritti insieme a Sandro Luporini, venivano denunciate con ironia, autoironia e con una grande capacità di andare al fondo delle questioni, mettendosi sempre in discussione.
La realizzazione del "Teatro canzone", esperienza creativa trentennale, fu spesso oggetto di grandi dibattiti tra il pubblico giovane e non più giovane.

All'alba del nuovo millennio, già segnato dalla malattia, Gaber pubblica due album in studio: il secondo, "Io non mi sento italiano", esce postumo: sarà il suo testamento artistico.
Uno degli inediti si intitola: "Non insegnate ai bambini"

"Abbiamo buttato via un sistema educativo che era da buttare, ci mancherebbe, ma ne abbiamo perso anche le caratteristiche positive.
Al posto dell'autoritarismo cattolico abbiamo sostituito il nulla, non siamo stati capaci di trasformare l'autoritarismo in autorevolezza: siamo diventati genitori piuttosto inconsistenti.
Questa inconsistenza porta i giovani ad una mancanza di riferimenti precisi."

Sono parole di Gaber, nell'anno 2000.
E ancora:
"Mi sono chiesto:'dove comincia questo degrado?'(...)
Ho notato che, per l'educazione che abbiamo giustamente rifiutato, i bambini dei cattolici sono migliori, e questo mi preoccupa!
Sono più interessati, perchè per un cattolico è più facile educare: 'Ti dico questo ma non per me. Ci sono ragioni generali, totali, oggettive'
L'educatore cattolico è aiutato, mentre all'educatore laico tocca un 'te lo dico io. Devi credere a me'
e addio autorevolezza."

Ecco il Gaber, fondamentalmente anarchico libero dalle ideologie che si interroga su ciò che muove l'educazione del popolo.
Non meno anarchico e non meno curioso Sandro Luporini, simbiotico autore dei testi del 'Teatro canzone'.
Nel fondamentale libro "G. Vi racconto Gaber", nel 2013, ed. Mondadori, così racconta perchè "Non insegnate ai bambini" è stata scritta:
"Sembrerà strano ma l'unica cosa che riesco a dire di questi versi è forse la più ovvia e cioè che tentano di descrivere l'inadeguatezza dell'uomo di oggi ad insegnare alcunchè.
Sarebbe meglio che prima imparasse qualcosa.
Un bambino non impara certo dal bombardamento di parole con cui gli riempiamo la vita nel tentativo di dargli un'educazione, ma di ciò che più intimamente sono le persone che gli stanno accanto e da ogni loro più piccolo gesto.
Quello che non possono fare mille parole, forse lo può fare più semplicemente un affetto profondo.
La crescita e la formazione di un individuo, però, non dipendono soltanto dall'educazione o dall'affetto, ma passano anche da tutti quei contrasti che ognuno di noi, deve superare affrontando giorno dopo giorno la parte più intima e nascosta di sè"

Allora possiamo finire con Carron:
"Cosa genera quell'equilibrio?
La Sua presenza nella nostra vita. (...) altrimenti il punto di partenza sarebbe un vuoto, invece che una sovrabbondanza e una certezza (...)
Il cristianesimo è qualcosa che accade ora: se non è ora non esiste, (...) se non è questo si riduce ad una teoria come le altre.
Ciò che fa la vera differenza è un'esperienza presente, che posso offrire come punto di partenza, come ipotesi di lavoro incarnata."









 
 

 

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