La strada del Davai - Massimo Priviero

"A qualche metro da lui, oltre la parete dell'isba, Stefano dormiva sul pavimento, pressato dagli altri che vi stavano stipatissimi.
Dopo essersi sdraiato si era fatto, come ogni sera prima di dormire, il segno della croce (...) poi essendo molto stanco, aveva detto le preghiere 'corte', ossia un requiem per i morti di quei giorni e un 'angele Dei' per sè.
Il fatto di pregare gli aveva automaticamente riportato alla mente la soave figura di sua madre, quasi che tra la preghiera e sua madre ci fosse un nesso inscindibile: e infatti c'era, in un certo senso era proprio così. Mah! Chissà cosa stava facendo in questo momento la mamma Lusìa (...) 
Beh, a quest'ora senza dubbio dormiva.

Parve al giovane di vederne gli occhi marroni aprirsi nel buio della camera nuziale, e guardarlo con bontà e stanchezza: ' Dormi anche tu Stefano; hai dette le orazioni, bravo, adesso dormi; lo sai che tra poche ore devi tornare fuori'
Sua madre!
Dopo aver tentennata la testa con muta tenerezza, Stefano aveva messo in pratica l'immaginato consiglio materno, addormentandosi in breve.
Tutti, dentro l'isba - i bersaglieri, e anche i pochi spauriti abitatori russi - si erano addormentati, e ora erano avvolti nel sonno come in un coltrone di straordinaria pesantezza; l'aria era piena dei loro respiri;
dallo sportello non ben chiuso di una grande stufa in muratura si spandeva un pò di luce rossastra, ondeggiante e un borbottìo pacato."

Pensieri, preghiere, immagini di casa per un giovane bersagliere, Stefano, che vedrà la morte durante la Campagna di Russia, colpito a morte, non prima ricordando la figura di sua mamma Lusìa:
"Parlate, dai, dite qualche cosa voi, che io, con questa fitta al cuore non posso parlare ... e non c'è più tempo, mamma, non c'è più tempo".
La figura della madre fluttuava fino a divenire indistinta, si dissipava: "Mamma! Mamma!" urlò Stefano. (...) 
Nello stesso istante a Nomana - a tremila chilometri di distanza - un ticchettìo su un vetro della camera da letto desto mamma Lusìa, che lanciò un grido: 'Stefano è morto! Oh povera me, povera me, povera me!'"

"Il Cavallo rosso" di Eugenio Corti, edito nel 1983 da Ares, più volte rieditato, è considerato uno dei più grandi romanzi storici della letteratura italiana.
Un grande affresco su un'epopea di avvenimenti che hanno sconvolto il mondo tra il 1940 e il 1974.
La guerra e la pace, il mondo che cambia vissuti da protagonisti di varie generazioni che si confrontano sui perchè della vita e del significato del mondo.
Un romanzo paragonato all'epica del Manzoni e a quella del Tolstoj di "Guerra e pace", della profondità di Solgenitzin e della tenerezza dell'Olmi dell'"Albero degli zoccoli".
Più volte candidato per una riduzione televisiva, ma sempre accantonato, forse per un forte sentimento religioso, impresso dal cattolicesimo praticante del suo autore.

"La strada del Davai" è nata perchè io stesso sono un figlio di questi soldati contadini, perchè la mia terra  rimane in qualche modo ogni giorno dentro di me, perchè da qualche parte nel cielo mio padre e mio nonno l' avranno sentita facendola loro.
Perchè la scrittura non ha confine, come la musica, perchè la fusione tra rock e poesia ha regalato forse le cose più belle alla cultura popolare del mondo degli ultimi decenni"

Massimo Priviero, è uno dei più grandi rocker italiani, considerato all'inizio di carriera, dalla fine degli anni 80, la risposta tricolore a Bruce Springsteen.
Grande presenza 'live', non si è mai sottomesso ai meccanismi dell'industria del business musicale.
E non scendendo mai a compromessi, lui, dalla forte tempra veneta, trapiantato a Milano, ha continuato a cantare il suo rock ruspante permeato di ideali che poggiano sulla tradizione cristiana delle terre d'origine:
"Dio mi ha dato la forza e la voce per vivere e per arrivare fino qua.
Nelle mie cadute e nei miei errori ho spesso trovato la Sua mano che mi ha aiutato a rialzarmi.
Fin quando questo accadrà, continuerò lungo la mia strada e la mia necessità di essere e di scrivere per la parte più debole del mondo, qualche volta disegnando visioni  e speranze di umana redenzione"

Sono parole rilasciate da Priviero, nel 2010 a Davide Nieri sul sito "rootshighway.it", che documentano la sua vicinanza umana e artistica a tutte espressioni di solidarietà espresse dai movimenti cattolici giovanili.

"La strada del Davai", anno 2006, è il racconto di un alpino durante la Campagna di Russia (Davai era l'urlo che usavano le armate sovietiche per spronare i prigionieri italiani esausti dalla fame e dal freddo a proseguire la marcia lungo la steppa gelata:
"Sul ponticello un uomo fece per orinare, si udì un richiamo iroso 'davai!, davai! - avanti, avanti - , accompagnato da una frase incomprensibile che suscitò qualche mezza risata"
(sempre da "Il cavallo rosso")
Il testo del brano è scritto in forma di lettera, quella di un soldato semplice, indirizzata alla sua mamma.
La voce è piena di fatica e di dolore, e si esprime in un italiano intriso dalla forma dialettale, la melodia è semplicissima, come quella di un antico canto popolare.




Commenti

  1. Grande pezzo, grande disco, grande interprete: peccato non sia più conosciuto come meriterebbe

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