I still haven't found what i'm looking for - U2

"Camminando con me sulle Dolomiti, uno dei miei figli, che a scuola non fa religione, nè ha mai frequentato il catechismo, mi ha detto: 'papà, bisogna fare i complimenti a Dio per aver creato queste montagne'.
Se lo invochi anche quando non lo conosci, ho concluso, deve proprio essere un'idea innata.
E, in effetti, è impossibile camminare senza pensare a Dio.
La maestà della natura con cui si viene a contatto, (...) lo scorrere del tempo (...) il suo dominio implicito ma inesorabile sulle nostre vite (...) sono altrettante smentite del 'nulla', del senso di vuoto in cui sembra di annegare nella vita di ogni giorno, che forse rendiamo più frenetica proprio per nasconderne la vacuità.
E' come uscire da una bolla, e ri-scoprire la realtà.
Tutto è così vivo, tutto sembra avere un significato. E sei costretto a chiederti quale sia. (...)

Il vero male dell'epoca, con cui tutti ci confrontiamo spesso anche senza accorgercene, è proprio questa sorta di nichilismo fintamente gaio che ci ha conquistato, (...) un nichilismo spensierato, moderno, che di presenta seducente ' con il volto di una vita normale ' (cit. Julian Carron).
Camminare è un modo di uscire da quella 'vita normale'.
E posso garantire che funziona (...) si risvegliano le domande, quelle di sempre, quelle che ci rendono umani: chi sono, da dove vengo, dove vado, come posso riuscire a essere felice in questo tempo"

Editorialista del Corriere della Sera, Antonio Polito, giornalista e saggista di lungo corso, nel suo libro "Le regole del cammino" (Marsilio, 2020), traccia l'attualità del suo percorso umano, nel bel mezzo del contagio, raccontando un suo viaggio concreto, il suo camminare tra i sentieri e le strade d'Italia, riflettendo sulla cultura di un popolo "verso il tempo che ci attende".

"Ho scalato le più alte montagne
Ho corso attraverso i campi
solo per stare con te
Ho corso, ho strisciato,
ho scalato le mura di questa città,
le mura di questa città
solo per stare conte
ma non ho ancora trovato ciò che sto cercando"

Anche in queste parole c'entra un cammino, una attraversata alla ricerca di un destino ultimo che sveli la tua coscienza di uomo.
Inizia così, "I still haven't found what i'm looking for", "Non ho ancora trovato ciò che sto cercando",
uno dei brani più iconici del repertorio degli U2, band irlandese dal successo planetario, abile ad intrecciare ansie generazionali con aneliti al divino, fin dagli inizi, a Dublino:

"Sapevo che nel circondario noi eravamo considerati diversi, perchè mia madre, protestante, aveva sposato un cattolico. (...) Ho ereditato il coraggio che loro devono avere avuto per portare avanti il loro amore.
Anche allora, preferivo pregare all'esterno della chiesa.
Le canzoni che ascoltavo per me erano preghiere.
'Quante strade deve percorrere un uomo nella vita?', non era una domanda retorica, era rivolta a Dio.
Era una domanda di cui volevo conoscere la risposta.
Le canzoni contenevano un' intimità che, ora capisco, non è solo sessuale. E' spirituale"

Così parla Bono, della sua gioventù, nell'Irlanda degli anni 70, in una bella intervista per "Rolling stone" nel gennaio 2006.

Dopo gli anni di esordio e di plebiscitari conferme, simboli rock sulla scia del movimento punk londinese, affinandolo con suoni meno grezzi, gli U2, allargano l'orizzonte della loro ispirazione e scoprono il territorio musicale americano e, nel 1987, pubblicano l'album "The Joshua tree", dove in copertina campeggia in una prateria distesa un cactus a forma di croce.
Siamo all'apice del loro talento e sfornano un pugno di brani ancora ineguagliati per incisività e furore.
E' la loro 'scoperta dell'America', anche grazie ad una struttura compositiva che si avvicina al gospel afroamericano, come, appunto, "I still haven't found ...", manifesto del "Bono pensiero":

"Se ho trovato quello che sto cercando?
Beh, una volta pensavo che sarei riuscito a risolvere tutte le tensioni che sento dentro di me, la costante contraddizione fra le persone che mi animano. (...)
Non ho cercato la grazia,ma la grazia ha trovato me" ( ancora da "Rolling stone")

Ma c'è un ulteriore passo, proprio nello sviluppo del testo della canzone, nelle riflessioni del front man:
"La questione più importante, parlando della morte di Cristo, è che Cristo si è fatto carico dei peccati del mondo: quindi quello che abbiamo fatto non ci si è ritorto contro.
Non saranno le nostre buone azioni ad aprirci le porte del paradiso, ma mi piace l'idea dell' Agnello sacrificale, amo pensare a Dio che dice: 'Ehi, cretini, sappiate che ci sono conseguenze al vostro egoismo e che la morte fa parte della vostra natura di peccatori e quindi dovete affrontarla"

Ancora, tra il cammino e una domanda di redenzione a cui tarda un riconoscimento:

"Ho parlato la lingua degli angeli
Ho tenuto per mano un diavolo
Era calda la notte
Io era freddo come pietra.

Credo nel regno che verrà
E allora tutti i colori sfumeranno in uno
Sfumeranno in uno
e io sto ancora correndo.

Tu hai spezzato i legami
Tu hai allentato le catene
Io ho portato la croce della mia vergogna
sai che ci credevo.
Ma non ho ancora trovato quel che sto cercando".

In quell'anno, nella loro tourneè negli Usa, gli U2 realizzano una versione live, (in "Rattle and hum"), splendidamente gospel, registrato in una chiesa, accompagnati da un coro di Harlem, i 'New voices of Freedom', e in quel rincorrersi di voci, verrà aggiunto un passaggio che rimanda al salmo 55 della Bibbia.
"Lui ti porterà in alto e più in alto ancora
Lui ti tirerà su quando sarai a terra
Lui ti darà riparo dalla tempesta"

La versione proposta è dal concerto tenuto a Parigi, sempre nel 1987




























































































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