Io vagabondo - I Nomadi

da "Generare tracce nella storia del mondo" di Luigi Giussani  (a cura di Stefano Alberto e Javier Prades   Rizzoli editore, 1998)

"Dio si rivela alla sua creatura nel tempo e nello spazio, perciò in termini umanamente comprensibili.
Il Suo Mistero, come Mistero, viene irresistibilmente comunicato all'uomo. (...)
Queste circostanze implicano un luogo in cui Dio chiede all'uomo che tutto sia incentrato e si operi come segno del rapporto Suo con l'uomo e dell'uomo con Lui, e sia totalmente funzione della volontà di
Dio nella storia.
Questo luogo si chiama biblicamente 'dimora', 'casa', 'tempio'. (...)

Una dimora è come il coagularsi della compagnia, della comunità, della carità, in una dimensione reale, quotidiana, di spazio.
E' da questa casa che tutto parte, tutto può iniziare in modo nuovo, tutto viene incrementato, ordinato, rafforzato, intenerito.
Tutto diventa amore: diventa possibile oggetto d'amore chi si incontra per strada, chi si incontra per caso sul pianerottolo, colui con il quale ci si urta in metropolitana, e perfino la gente con cui si condivide quel posto e quel gesto per troppi senza senso che è il lavoro. (...)

La grande dimora della Chiesa si incarna, si realizza in termini capillari, per cui essa diventa presente in ogni luogo, prescelto dal disegno di Dio.
La grande dimora della Chiesa si realizza infatti dentro le case, le dimore, che indicano il condensarsi, il coagularsi della sua vita in una dimensione quotidiana di spazio e di tempo"

Anno 1972
La coppia di autori Dattoli/Salerno scrive per i Nomadi una canzone che diventerà un inno per quella generazione erede della cultura un pò hippy e un pò sessantottina che vedeva nella rottura dei legami borghesi l'imprinting della propria vita.
"Io vagabondo" cantato con passione dalla potente e carismatica voce del cantante del gruppo Augusto Daolio, è in salsa molto 'pop italiano', lo specchio di una gioventù che confusamente cercava una ragione di vita al di fuori dei comodi e scontati legami che la società formalmente paternalistica offriva nel mondo uscito da pochi lustri dalla Seconda Guerra Mondiale.
Un movimento giovanile che fin dagli Stati Uniti, impelagati nelle sabbia mobili della guerra in Vietnam, univa politica pacifista e musica, nell'illusione che il mondo nuovo, la New Age, potesse nascere con il rifiuto della realtà, in un paradiso "tossico".
Ma le reminiscenze dell'educazione cristiana, in quella generazione, erano ancora forti, e non le si potevano abbandonare tanto facilmente; la ricerca di un "luogo" di crescita e di desiderio di un bene più grande, ancora vivo, in mezzo a mille contraddizioni.
 
Come scrive il giornalista musicale Walter Gatti, nel libro da lui curato "Cosa sarà. La ricerca del Mistero nella canzone italiana" (ed. Itaca, 2009):
"Il vagabondo dei Nomadi è un bimbo che non sa cosa c'è dietro il diventare adulto, ma per fortuna (è qui il bello) tutta la vita è segnata da due cose: dalla voglia di un ritorno e da una protezione.
Tutta la canzone è giocata attorno a questi due segni, la 'casa' (Chissà dov'era casa mia) e il 'lassù' (Ma lassù mi è rimasto Dio).
Luoghi a cui, di solito, si appartiene, luoghi a cui si rimane legati (...)"
E continua Gatti:
"A Praga, nel 1990, gironzolando per il centro della capitale ceca in cerca di vecchie birrerie, dove mangiare zuppe, patate e salsicce, Augusto mi disse: 
"Ne abbiamo cantate tante di canzoni, ma questa è quella in cui mi riconosco di più: andare sempre, camminare senza sosta"

Mitica è la striscia di successi dei Nomadi, legata alla voce di Daolio, che morirà stroncato da un tumore ai polmoni nel 1992.
Capitale per la loro carriera, la collaborazione con Guccini, che già dalla fine degli anni '60, in bilico tra la produzione soltanto autoriale (firmata con uno pseudonimo) e l'interpretazione personale, offrirà al gruppo, allora esordiente, una manciata di canzoni simbolo dei giovani di quegli anni: "Noi non ci saremo", "Per fare un uomo", "Canzone per un'amica" ma soprattutto "Dio è morto".
Dopo la scomparsa di Daolio, si sono alternati altri cantanti, ma il "brand" Nomadi, ben gestito da un altro fondatore del gruppo, Beppe Carletti, è vivo e vegeto, ed è accompagnato da un popolo, una "tribù" di migliaia di fan di ogni età:

"Penso che il desiderio di molti ragazzi sia quello di prendere uno zaino e girare il mondo.
Quando fai una scelta così radicale ti accorgi che qui sulla terra non ti rimane nessuno, ma lassù c'è sempre Dio. Questo è il senso della canzone.
Ogni volta che suoniamo "Io vagabondo" vedo che i ragazzi cantano con noi e credono in quello che diciamo.
Come in "Dio è morto", anche in "Io vagabondo" c'è sempre un grande messaggio di speranza."
Così Carletti risponde a Giampaolo Mattei nel libro "Anima mia" (ed. Piemme, 1998)

Li vediamo, I Nomadi, cantare "Io vagabondo" durante i concerti tenuti nel 2007 accompagnati dalla "Omnia Symphony Orchestra".
La voce è quella di Danilo Sacco




A Stefano, dopo tanta attesa ...

Commenti

  1. Grazie Carlo, una canzone che mi ha sempre affascinato. anche se l'interpretazione di Augusto resta per me il top.
    Questo riferimento a Dio lo trovi in tante altre canzoni dell'epoca: la prima che mi viene in mente è "Via del Conservatorio" di Massimo Ranieri, altra grande canzone, che dice 'un uomo va dove lo vuole Iddio'.
    E per restare sul tema del viaggio, sempre dello stesso periodo, ricordiamo I Dik Dik - "viaggio di un poeta"

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