L' anno che verrà - Lucio Dalla & Francesco De Gregori

"Sono mesi che ci viene detto che il 2020 è l'anno peggiore di sempre, che si ironizza per esorcizzare, che si attribuisce al cambio d'anno un'irrazionale speranza e si tratta il tempo che stiamo vivendo come un incubo, una parentesi, una maledizione.
Eppure anche alla fine di quest'anno la Chiesa cattolica ha fissato in migliaia di chiese nel mondo l'esecuzione dell' antico inno del Te Deum, un canto di ringraziamento e di benedizione per quello che durante l'anno ci è stato donato. (...)
Si può vivere dicendo grazie e guardando in faccia un matrimonio che fatica a reggersi, la morte di una persona cara, la malattia, la paura per quel che sta accadendo, l'incertezza sociale che ci minaccia.
Questo può accadere non per puro spiritualismo, per un ottimismo nichilista o per una consolazione sentimentale, ma per la scoperta di sè che ciascuno di noi ha potuto fare durante l'anno. (...)

Non rinnego le lacrime che ho versato, non fuggo dai giorni bui, dalla rabbia, da quel senso di impotenza (...) ma posso toccare con mano che ogni cosa è successa perchè là dove c'era l'abitudine si riaprisse la domanda, là dove dominava la distrazione si facesse largo la ricerca, là dove tutto era scontato si riaffacciasse lo stupore e la sorpresa. (...)
Ciò che rimane di quest'anno sono queste poche ore in cui ognuno può sentire su di sè uno sguardo di pietà, di misericordia, di verità.
Uno sguardo che riaccende il desiderio, la voglia di ripartire, di ricominciare, di non perdere tempo a lagnarsi e di costruire spazi di vita più umani, più limpidi, più capaci di attenzione alle povertà dell'esistenza e alla nostra casa comune.
L'inaudita generosità di un Dio che ci offre ancora una volta la possibilità di percepire, dentro i marosi della storia, un altro mondo che viene e ci cambia.
In questo mondo."

Parole dal sito informativo 'Il Sussidiario.net', del genovese don Federico Pichetto, sacerdote da una decina d'anni, parroco a Sestri Levante e vicepreside di un liceo statale a Rapallo.
Una riflessione su un cambio d'anno particolare, ma che vale per tutti gli anni della storia di ogni uomo, in ogni tempo.

"Ho imparato che non esiste, per chi racconta, un atteggiamento assolutamente pessimistico o ottimistico, ma l'incanto di guardare gli altri e ascoltare le cose del mondo.
Sono molto più orientale in questo senso che metropolitano, europeo: desiderare si, ma nel feeling con la vita, con il grande desiderio che vuole che tu viva in mezzo agli altri"

Lucio Dalla scrive "L'anno che verrà" alla fine dei turbolenti anni '70, in cui crisi sociali, economiche, e la paura del terrorismo e delle stragi che insanguinavano le strade italiane, la facevano da padrone. 
Il 1979 è la rinascita anche delle grandi tournee dei concerti rock, dopo le demenziali violenze degli "autoriduttori", e uno degli apripista è proprio il cantautore bolognese che "stana" il titubante Francesco De Gregori e affronta la mitica avventura musicale di "Banana Republic", foriera di successi e "sold out" nelle arene estive.

"L'anno che verrà", conclude il secondo pilastro della ineguagliata trilogia "dalliana" incominciata  nel 1977 con "Com'è profondo il mare", passando per "Lucio Dalla" (1978) e che si compirà compiutamente con "Dalla" nel 1980 che contiene nel finale quella che si può forse considerare la "gemella" de "L'anno che verrà", e cioè "Futura".
Dalla, scrivendola, non si ispira certo, in maniera banale, alla notte di Capodanno, ma ne fa un manifesto, anche ironico, delle inquietudini che attraversavano quegli anni, che qualcuno nei giorni della pandemia, vede quasi profetiche.
Dopo la lunga lista, però, ecco che il suo spirito "religioso" ha la meglio:
"Possedeva una sensibilità religiosa che gli faceva sentire la presenza di Dio nella natura e nella vita
Raccontano che 'L'anno che verrà' sia stata composta in questa chiesa durante una lunga serie di colloqui con padre Michele Casati"
Episodio svelato da padre Giovanni Beruzzi, direttore del Centro San Domenico a Bologna, nel volume "Lucio Dalla. Primo tempo" pubblicato dal Corriere della Sera, all' indomani della sua morte, il primo marzo 2012.

Ma facciamo parlare Lucio Dalla. In un dialogo radiofonico con gli ascoltatori sulle onde di Radio Uno, nel 1979, ragionando proprio su "L'anno che verrà" e raccolto nel libro "E ricomincia il canto" (Il Saggiatore, 2021) a cura di Jacopo Tomatis, ecco alcune interessanti risposte:
"Questa canzone è una canzone importante, perché immagina una situazione di lontananza tra me e un amico, al quale faccio una specie di rapporto abbastanza dettagliato su come stiamo vivendo oggi.
E' chiaro che nella prima parte della canzone c'è il meccanismo del gioco che permette di raccontare le cose in un certo modo. Giocare tra il pessimismo, che comunque è sempre un atteggiamento rozzo, improduttivo e secondo me antipatico, e l'eccessivo ottimismo, che è anche un atteggiamento imbecille.
Allora il meccanismo del gioco, nella prima parte della canzone, mi consente di esagerare, e soprattutto di divertire. (...)
Però ho creduto di fare, e credo di avere fatto, una canzone tutto fuori che pessimista. Anzi una canzone coraggiosa. (...)
L'unico miracolo che possiamo fare è su di noi. (...)
Per cui, questo anno che verrà, non è mica poi tanto un anno mitico, (...) è una riscoperta dell'amore, ma soprattutto è una scoperta dei nostri mezzi di partecipazione, (...) è nella partecipazione di questo domani che la canzone vive. E per cui mi sto preparando alle cose che verranno".

Commentando il finale del testo di questa canzone, Maurizio "Riro" Maniscalco, nel volume "Cosa sarà. la ricerca del mistero nella canzone italiana" (ed. Itaca, 2009) così scrive:
"Ma la cosa straordinaria è che questo brano si conclude, perchè noi non possiamo sapere cosa l'anno venturo veramente ci porterà, potrebbe addirittura volarsene in un istante ...
L'istante: se veramente quest'anno se ne andasse in un istante, io in quell'istante voglio esserci.
L'istante, cioè il presente.
Caro amico, c'è un solo modo per prepararsi all'anno che verrà, vivere il presente:
'è questa la novità' "

Il video che pubblichiamo si riferisce al mini concerto che Dalla insieme a De Gregori, reduci dal revival di "Banana Republic", "Work in progress", realizzeranno magnificamente in Piazza San Giovanni a Roma, il Primo maggio 2011.
E quella sarà anche l'ultima apparizione televisiva in un concerto di Lucio Dalla.
Esattamente dieci mesi dopo, Lucio, si troverà al cospetto di San Pietro, pronto al suo primo concerto in Paradiso.




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