Teach your children - Crosby, Stills, Nash & Young

"Un incontro è la sola risposta concreta al problema dell' educazione.
Dobbiamo quindi concentrarci su noi stessi, sul nostro cammino verso la certezza della fede, perchè questo è l'unico modo per offrire un contributo anche agli altri.
Nel corso dei secoli, molte famiglie hanno comunicato questa certezza senza avere un grande bagaglio di conoscenze intellettuali. (...)
Solo una presenza può vincere la paura.
Lo vediamo in un bambino piccolo: entra in una stanza buia ed è spaventato, ma se gli dai la mano la può attraversare senza paura.
Non c'è teoria che possa sostituire questo tipo di esperienza.
L'educazione è una comunicazione di me stesso, cioè del modo in cui concepisco e tratto la realtà.

Confondere i giovani con una proposta complicata invece di offrire l'essenziale è una tentazione cui noi adulti possiamo sempre cedere.
Invece la nostra capacità di educare cresce se riusciamo a identificare alcune cose elementari da proporre, invitando i ragazzi ad aderirvi con fedeltà e a fare attenzione a quello che succede.
Perchè è solo lentamente, lentamente, lentamente, che un ragazzo arriva a capire.
Se noi siamo semplici, elementari nella nostra comunicazione, possiamo favorire il realizzarsi di un'esperienza, aiutando i ragazzi a capire quello che c'è dentro ogni proposta che facciamo loro. (...)
Questo non è da ingenui, è piuttosto l'unico modo realistico per educare."
(da "Educazione. Comunicazione di sè" di Julian Carron   ed. San Paolo, 2020)

"Ho scritto 'Teach your children' perchè abbiamo molto da insegnare ai ragazzi e credo che come genitori abbiamo molto da imparare da loro.
E' una canzone che esprime un concetto universale: il mio pubblico la canta ancora e anche i giovanissimi la ascoltano con interesse.
Ci sono mille canzoni che sono lo specchio di un'epoca e anche alcune delle mie lo sono state.
Puoi cambiare il mondo in tanti modi: incoraggiando i bambini a leggere, avendo cura della tua famiglia e dei tuoi amici,
Puoi cambiare il mondo in un milione di modi.
Credo nel profondo del mio cuore che il gesto più piccolo possa cambiare il mondo."

Parole di un sereno e tranquillo musicista settantenne raccolte da Andrea Silenzi per "La Repubblica" nel 2018 e da Antonio Lodetti per "Jam" nel 2010.
Così si presenta Graham Nash, una colonna del country rock californiano che negli epocali anni della rivoluzione generazionale hippie, ha composto inni che sono rimasti nella leggenda della cultura musicale americana, tra cui "Chicago", "Marrakesh Express", "Our house". 
Origini inglesi, dopo i primi passi nell'era beat con gli "Hollies", varca l'oceano e insieme a David Crosby, Stephen Stills, e per un tratto di strada, Neil Young, forma un gruppo acclamato di solisti, che firmeranno la colonna sonora di quegli anni turbolenti della contestazione alla guerra in Vietnam, protestando contro una società ingessata dal formalismo moralista e piena di contraddizioni, aggiungendone però di nuove, nel cercare di superarla.

Vive, insieme a tanti suoi colleghi, l'esperienza di Woodstock:
"A Woodstock non si fece politica in senso stretto, ma ci sono stati momenti in cui, tutti insieme, abbiamo creduto di cambiare il mondo, e forse in parte l'abbiamo fatto.
Grazie a noi, sono caduti molti tabù.
Milioni di giovani hanno imparato a stare insieme, a pensare con la loro testa, a combattere contro le costrizioni dell'establishment, contro la repressione.
Abbiamo imparato tutti ad essere più liberi.
A quei tempi, insomma, il mondo cominciò a cambiare"
(cit. Lodetti, "Jam")

Forse un quadretto un pò troppo agiografico:

"America, fine anni '60, una nazione spaccata in due.
Da una parte i giovani, dall'altra i loro genitori.
Una generazione di hippie, che, sulla spinta di 'pace & amore', si troverà a scavalcare i valori tradizionali, sperimentando (con risultati che si riveleranno molto spesso fallimentari) attraverso la droga e l'amore libero, un nuovo stile di vita.
Uno stile di vita che, ovviamente, i genitori non capiscono nè possono accettare"
Puntualizza da par suo, nelle pagine di "Help, il grido del rock" (ed. Itaca, 2012) uno dei più grandi cronisti musicali italiani, Paolo Vites.

Nash compone "Teach your children" nel 1970.
Il brano è un accorato richiamo a genitori e figli ad assumersi le proprie responsabilità, nella consapevolezza che il figlio, alla fine, non appartenga ai suoi genitori.
E' un avvertimento anche ai giovani che la libertà conquistata, debba avere un metodo, affinchè l'utopia, che spesso degenera in violenta intolleranza, non vinca sulla giusta esperienza di vita.
C'è una prima parte dedicata ai genitori:

"Voi che siete sulla strada
dovete avere un codice a cui conformarvi
per poter diventare voi stessi,
perchè il passato è solo un arrivederci.
Insegnate bene ai vostri figli
che l'inferno dei loro padri
scivolerà via.
E nutriteli dei vostri sogni,
quelli che sceglieranno.
Non chiedete mai loro perchè.
Se ve lo dicessero, voi piangereste.
Così, guardateli e sospirate,
e sappiate che loro vi vogliono bene."

Ma toccherà poi ai figli, diventare a loro volta padri e madri, e intraprendere la ricerca, che è universale, del significato ultimo dell'esistenza.

"E voi, dell'età giovane,
non potete conoscere le paure
in cui sono cresciuti i vostri genitori.
E allora, per favore, aiutateli con la vostra gioventù,
loro cercano la verità,
prima di morire.
Insegnate ai vostri genitori
che l'inferno dei loro figli, presto passerà,
e nutriteli dei vostri sogni.
Quelli che sceglieranno,
non chiedete mai loro perchè.
Se ve lo dicessero, voi piangereste.
Così guardateli e sospirate,
e sappiate che loro vi vogliono bene" 




 















































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