Sangue su sangue - Francesco De Gregori

"(Abbiamo) dolore per le vittime, per tante donne, uomini e bambini assassinati dalla violenza del terrore stragista.
Ognuna di queste persone aveva una storia, una prospettiva di vita, un futuro che è stato rimosso, sottratto loro, cancellato.
questo ha indebolito il nostro Paese nella sua società, complessivamente privandolo di storie di futuro dei suoi cittadini (...) questo dolore non è estinguibile, è una ferita che non può rimarginarsi e per questo motivo chiede ricordo, per evitare che si ripetano, che si ripeta qualunque avvisaglia di strategie del terrore come quella che allora fu messa in campo. (...)
Un altro elemento che vorrei sottolineare è l'esigenza di piena verità, l'esigenza di giustizia, (...) contro ogni tentativo di depistaggio e di occultamento"
Sono passati quarant'anni dalla strage perpetrata alla stazione ferroviaria di Bologna il 2 Agosto 1980.
Gli stessi anni dalla strage aerea di Ustica, pure essa alla ricerca della verità.
E alla memoria anche di questa catastrofe umana, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a quarant'anni dalla strage, lancia un monito:
"Questo museo è un tempio della memoria che consente di mantenere intatta la memoria della tragedia di Ustica ed esorta a ogni impegno per difendere vita e libertà".

Nella Cattedrale di Bologna, l'arcivescovo Matteo Zuppi, così si esprime nell'omelia:
"Meditiamo come l'uomo possa distruggere la vita e anche se stesso, Caino che come Giuda è sempre nostro fratello.
Davanti alle tragiche conseguenze di ogni strage, che distruggono la fragilissima meraviglia che è sempre ogni persona, la domanda è: dove sei uomo, cosa hai fatto della tua umanità?
Come è possibile? (...)
Chiediamo ancora che chi sa qualcosa trovi i modo per comunicare tutto ciò che può aiutare la verità (...)
Preghiamo che il grido di dolore che sale dal sangue delle vittime e che è ascoltato da Dio, lo sia anche dagli uomini e diventi pratica di giustizia e umile impegno di onestà." 

Nel 1991, Francesco De Gregori, pubblica l'album "Canzoni d'amore".
E' un titolo fuorviante e paradossale per uno dei suoi lavori più intensamente politici (nel senso alto del termine) con brani che vanno ad intercettare la cronaca, anche violenta, di un mondo in piena confusione di significato.
L'Italia iniziava il decennio, lasciandosi alle spalle vent'anni di occultata guerra di bande criminali ammantate di ideologia politica, responsabili di una lunga scia di dolore e morte.
"Sangue su sangue", è un pezzo inusuale per De Gregori: chitarre lanciate a gran velocità, un ritmo rock che pur essendo debitore della più elettrica tradizione nord americana, non impallidisce al confronto.
Il nervoso rock sostiene le parole di denuncia, nella ricerca della verità:
"Non so se sono un ottimista. Se mi guardo indietro in molte canzoni che ho scritto trovo invece una vena catastrofista. Penso a "Sangue su sangue". (...) Non sono un politico, quindi non so dirti cosa vuol dire essere ottimista. Vorrei lasciarvi tutti con un interrogativo: possiamo permetterci di essere ottimisti?
L'arte non deve essere buona, giusta o morale.
Deve cambiare qualcosa dentro la testa, spostare, accendere.
L'arte può essere anche scandalosa.
L'artista deve essere se stesso.
Mi chiedevi se l'artista dev'essere una persona per bene: dobbiamo esserlo tutti, esprimerci con sincerità e se questa diventa scandalosa: bene.
L'artista tanto meno è conformista quanto più rischia la sua credibilità sul piano sociale"
Sono brani di un'intervista rilasciata al Foglio nel 2019.

De Gregori è un tipo di artista e di uomo interessante, come per tutti quelli che raccontano di una propria parabola di vita che guarda verso una maturità osservandola in tutti i suoi sviluppi.
C' è un passaggio di una lunga intervista rilasciata all'Osservatore Romano, che proponiamo:
" La prima cosa che mi ha colpito nella riflessione di Papa Francesco (nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2020), è una cosa piccola piccola, che in qualche modo mi riguarda personalmente:
Il fatto che egli non abbia nessun problema a mettere accanto alla letterature e al cinema anche le canzoni.
Questo non è affatto scontato.
E' difficile che le canzoni siano considerate cultura, raramente ciò che 'raccontano' le canzoni viene invitato alla stessa tavola della arti cosiddette 'maggiori'.
D'altra parte la Chiesa è stata spesso anticipatrice di atteggiamenti e di aperture analoghe.(...)
L'arte della narrazione è un unico testo, come dice il Papa, avvolge l'uomo e coinvolge l'umanità"











 

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