Ho visto un re - Enzo Jannacci

da "Vita di don Giussani" di Alberto Savorana
(Rizzoli editore, 2013)

"il 14 novembre 1986 si svolge a Milano la Giornata d'inizio anno sociale degli universitari di CL. (...)
A Giovanni Maspes, viene chiesto di eseguire 'Ho visto un re', la notissima canzone di Fo e Jannacci.
Ricorda Maspes: 'Ho passato i momenti precedenti l'incontro a cercare di convincere Dima, cassetta alla mano, che don Giussani non poteva aver sentito quella canzone, evidentemente inadatta a un momento di meditazione.'
A distanza di anni, Dima conferma che fu proprio Giussani a reclamare quella canzone ( l'aveva ascoltata da alcuni universitari della Cattolica), perchè voleva dedicare l'incontro al tema del rapporto tra l'io e il potere.
Dopo la  'Ballata dell'uomo vecchio', canzone di Claudio Chieffo, (che inizia con: 'La tristezza che c'è in me, l'amore che non c'è hanno mille secoli ...'), Giussani introduce la canzone di Jannacci con queste parole: 'Questa tristezza è l'aspetto originale di una ricchezza che ci viene tolta con tutti i mezzi.
la realtà che ci circonda ci vuole togliere questo disagio che è il principio di ogni ricerca, di ogni moto, di ogni ricupero, di ogni immagine di meglio, di più grande, di più sensato.'
Di conseguenza, 'al di là della serietà e dell'efficienza come punto di vista di lavoro, di professione; al di là del consumismo possibile e al di là dell'egoismo affettivo eretto a sistema, cosa volete di più?
Guai a chi si lamenta'.
Perciò, continua Giussani 'viene in mente la canzone di Jannacci: Ho visto un re.
Il re è il simbolo del potere di questa società che odia questa nostra tristezza che è, in fondo, la carne vivente di quelle domande che costituiscono il cuore dell'uomo.
E' il primo segno dell'uomo, dell' umano. Anzi, se la cantiamo subito!'.
Giussani ne anticipa alcune parole: 'Il vostro piangere fa male al re (...) e sempre allegri bisogna stare (...) Diventan tristi, e le commenta: 'Coloro che hanno il potere diventano tristi, se ti vedono piangere'

Maspes canta. Al termine, Giussani dice: 'Comunque la mordenza di questo noto canto di Jannacci è di grande attualità, perchè ognuno di noi può cedere di fronte ad una modalità di conduzione della società in cui diventano ovvi il limite e il soffocamento dentro il quale la nostra umanità è resa sempre più prigioniera e sempre più insepolcrata.
Perchè l'umanità sta nel cuore, ed è dal cuore che deve spaziare, ed è dal cuore che deve scoppiare.
Non è diversa la chiave di volta di una società come la nostra da quella che ha prodotto Auschwitz'.

Di quel momento, Maspes, ricorderà 'l'imbarazzo dell'uditorio, che non sapeva come reagire alla vivacità del canto: ci pensò lo stesso don Giussani a dare inizio a un fragoroso applauso'"

Questo è uno splendido brano dell'imponente biografia ufficiale di Don Giussani, (ed. Rizzoli, 2013) redatta in maniera incomparabilmente certosina e appassionata da Alberto Savorana, attuale responsabile della comunicazione del movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione.

- da 'Roba minima' (ed. Giunti, 2014) a cura di Andrea Pedrinelli
"1968. Jannacci aveva passato il primo turno della trasmissione televisiva del sabato sera 'Canzonissima' con 'Vengo anch'io' e voleva duellare per la vittoria con il favorito Gianni Morandi proponendo 'Ho visto un re'.
Apriti cielo. La RAI glielo impedì! (...)
Racconta lo stesso Jannacci: 'Nel '68 fare una canzone di quel tipo il sabato sera in TV era molto rischioso, c'erano già i moti e poteva scoppiare un bel casino, è vero.
Ma è anche vero che la prima cosa  che De Gasperi disse ad Andreotti fu di prendere la radio'.
Jannacci ripiegò su un'altra canzone, 'Gli zingari', e un giorno ci raccontò: 'La Democrazia Cristiana impediva di cantare 'Ho visto un re' in televisione e io sono andato via. Non avevo più voglia, ho scelto di non essere frainteso'

Scrive Paolo Vites nel suo bel libro 'Enzo Jannacci. Canzoni che feriscono' (Caissa Italia Editore, 2019) :
"Jannacci e Fo scelgono la strada dell'ironia popolare, come due giullari dei tempi antichi che irridono il potere di turno a sua insaputa, non quella dello scontro sanguinario muro contro muro dei loro colleghi cantautori dell'epoca"

Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, interviene sul sito informativo 'Il Sussidiario':
"Per questo più passa il tempo, più abbiamo bisogno della poesia e della musica di Jannacci.
Di un uomo non omologato, mai appiattito che, come il contadino di 'Ho visto un re', sa di aver diritto ad essere triste anche se il potere che gli ha levato tutto lo vorrebbe sorridente e beota.
Perchè il potere non sopporta che un uomo abbia una ferita che urla il desiderio di un oltre che niente e nessuno può assicurare, tanto meno il potere"


 


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