Il vecchio e il bambino - Francesco Guccini

"Cari giovani, ciascuno di questi anziani è vostro nonno!
Non lasciateli soli! Usate la fantasia dell'amore. (...)
I bambini non crescono nell'amore se non imparano a comunicare con i loro nonni.
Loro sono la vostre radici. Un albero staccato dalle radici non cresce, non dà fiori e frutti.
Per questo è importante l'unione e il collegamento con le vostre radici:
quello che l'albero ha di sotterrato, dice un poeta della mia patria."

Dalla sua "Finestra dell'Angelus" che si affaccia su Piazza S. Pietro, Papa Francesco il 26 Luglio 2020, festa di Sant'Anna, nonna materna di Gesù, lancia il suo messaggio ai più giovani.
Esattamente sette anni prima, il 26 Luglio 2017, durante la Giornata Mondiale della Gioventù in 
Brasile, Papa Francesco lanciava questo stesso appello per rafforzare il dialogo tra le generazioni:
"Se i giovani sono chiamati ad aprire nuove porte, gli anziani hanno le chiavi.
Non c'è avvenire senza questo incontro, tra anziani e giovani; non c'è crescita senza radici, non c'è fioritura senza germogli.
Mai profezia senza memoria, mai memoria senza profezia. (...)
I nonni sognano quando i nipoti vanno avanti, e i nipoti hanno coraggio quando prendono le radici dai nonni".
Insomma : radici e sogni.
Dice il Papa, non può esserci l'uno senza l'altro, perchè l'uno è per l'altro.

E, stranamente, è proprio all' interno di un album intitolato "Radici" che , nel 1972, Francesco Guccini inserisce, concludendolo, "Il vecchio e il bambino"
"Non è una canzone di stampo ecologista, come molti hanno creduto, ma fa parte di una serie di canzoni d'impostazione post- atomica.
Il vecchio racconta un panorama che che non esiste più ad un bambino che non capisce, perchè non sa che una volta c'erano gli alberi, i fiori, i frutti.
Il bimbo crede si tratti di una favola e chiede al vecchio di raccontare ancora questa bella storia, piena di cose che lui non ha mai visto."
E' proprio il cantautore emiliano che puntualizza la genesi della canzone, con una semplicità disarmante.

Il vecchio racconta le sue radici, le racconta come un sogno, affinchè il bambino entusiasta del racconto chieda al vecchio di raccontare ancora, di fargli ancora compagnia, come per formarsi una coscienza che lo faccia guardare avanti.
Nessuna sovrastruttura intellettuale; ecco la forza poetica di Guccini, derivata anche da memorie di vita vissuta, che all'alba dei suoi 80 anni, ha narrato in diverse interviste:
 "(...) Ricordo quando andavamo a trovare i nonni, che parlavano solo il dialetto emiliano. (...)
A Modena, noi tre poveri Guccini, eravamo regolarmente 'salvati' dai nonni che scendevano a valle con un camioncino pieno di meraviglie: la legna per l'inverno, un sacco di farina, una damigiana di vino, una coppa , un prosciutto, della farina di castagne.
La nonna era depositaria di un grande patrimonio di canti popolari: fino agli anni '60 continuava ad esistere la civiltà contadina, la 'cultura parallela' come la definiva Gramsci.
Non era inferiore, era diversa.
Oggi è stata distrutta.
Ricordo mia nonna invitarmi: 'prudenza!'. Che non era: 'stai lontano dai pericoli', era: rispetta il prossimo.
Ecco, oggi non c'è più prudenza, non c'è più gentilezza"

"Il bimbo ristette, lo sguardo era triste
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio, con voce sognante
mi piaccion le fiabe,
raccontane altre"






 
  

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