Avrei voluto essere una banda - Claudio Chieffo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Un ciao "caloroso" a tutti i lettori di questo blog.
Mi presento: sono Elvis.
Si, sono il proprietario della stanza, quella ricolma di dischi, cd e libri che ho affittato a Carlocandio.  
Questa volta, per gentile concessione del blogger titolare, la puntata vorrei proporvela io, ci tengo particolarmente. 
Il 22 Giugno 2020, il cantautore Claudio Chieffo avrebbe compiuto 75 anni 
Pardon, in quella data Claudio Chieffo 'ha' compiuto 75 anni.
Li ha compiuti in compagnia di tanti amici che lo hanno preceduto in Paradiso, e con i quali si incontra ormai da tredici anni.
Sarebbe lungo nominarli tutti, ma io direi che per Don Francesco Ricci, Don Luigi Giussani e San Giovanni Paolo II si possa fare un' eccezione.

Claudio Chieffo, nel panorama del cantautorato italiano, ha una storia particolare:
era un cattolico praticante, era un "normale" cattolico praticante.
Era forte nella Fede, e fedele alla Chiesa, e quindi per molta critica musicale, forse non era abbastanza interessante. 
Eppure nella sua lunga storia fatta di un centinaio e più di canzoni ha incontrato tanti colleghi più conosciuti di lui: Francesco Guccini, Giorgio Gaber, Mark Harris,(musicista e arrangiatore, tra gli altri, di Fabrizio De Andrè e Enzo Jannacci), e da oltre oceano David Horowitz, con il quale realizzò un disco a New York.
Certo, se Chieffo fosse nato in America, avrebbe tranquillamente scalato le classifiche delle vendite anche cantando testi religiosi  ed essere ospite, magari, di "Top of the Pops" ...
ma è nato in Italia, esattamente a Forlì, e anche chi ha in casa i suoi dischi, li tiene ben divisi da tutti gli altri ... chissà perchè, ( per la cronaca nella mia stanza, Chieffo si trova naturalmente nella "c" insieme a Celentano, Cocciante, Concato, Conte ecc ...).

Ebbi modo di incontrarlo, in occasione di una rassegna teatrale, a Milano, insieme ad altri artisti che esprimevano attraverso la musica la loro appartenenza alla fede cristiana.
Era il 2002.
Dovevo intervistarlo prima del concerto, preparai con cura le domande e venne fuori "una bella cosa",  dalla quale ora vi propongo alcuni passaggi:
D: Molte delle tue canzoni parlano di rapporti umani nella loro semplicità. Senza il cristianesimo non esiste l'umano?
"Io sono convinto che l'umanità ha una sua grandezza tragica, che uno creda o che non creda.
Vedi, il cristianesimo non è una filosofia, ma un Fatto.
Entra nella Storia e porta speranza a questa umanità.
Ma non all'umanità in generale, secondo me, proprio al singolo uomo.
Ogni storia è unica e ogni storia può incontrare la speranza, ed è commovente vedere l'uomo che si crede solo, ( perchè è quando l'uomo si crede solo che finisce per compiere delle azioni a volte terribili)
che invece non è solo, perchè questo Dio è accanto a ognuno e tutto quello che ci accade non è per caso.
La scoperta che ho fatto io, per cui vale la pena fare canzoni per 40 anni, senza avere il più pallido successo, da un certo punto di vista, è proprio questo: che, per ogni uomo, non solo per i credenti, ma per ogni uomo che nasce sulla Terra, la morte non è la fine, e c'è una vita ancor più grande che comincia già da adesso e questa si chiama Gesù Cristo, si chiama Chiesa."

D: Ti gratifica di più sapere che sei uno degli autori più cantati durante le celebrazioni liturgiche o sapere che c'è un pubblico che ti ascolta al di fuori dell'ambiente prettamente ecclesiale?
" E' bellissimo sapere che alcune mie canzoni siano state recepite, diciamo così, dalla liturgia e che ne siano parte, e sottolineo, veramente immeritatamente, perchè non erano nate per questo.
La liturgia per me è una cosa grande, perchè quello che avviene nella liturgia è un avvenimento che travalica l'umano.
Ed è altrettanto bello che alcune mie canzoni che non sono assolutamente liturgiche e che non devono essere cantate in chiesa, che comunque hanno una componente religiosa fortissima, possano essere recepite da chiunque.
Io quando faccio una canzone non mi pongo il problema di chi sarà il mio pubblico; mi pongo il problema di essere trasparente, perchè ognuno, il credente, il non credente, il miscredente, l'ateo, quello che è sempre arrabbiato, ogni uomo possa incontrare attraverso una canzone, quello che ho incontrato io. (...)
Ed è altrettanto grande sentire una persona che mi dice: 'guardi, io non credo, io non so cosa dirle; mi è morto un figlio 15 giorni fa, la prima parola di speranza che ho sentito è la sua canzone che per caso ho ascoltato attraverso la radio'.
Cosa c'è di più bello?
Questo vale tutti i soldi del mondo, sicuramente!"

D: Spesso, nel cantautorato italiano, ci sono artisti che si avvicinano al trascendente.
Sono sinceri?
"Ci sono molte false domande anche tra i cantautori più grandi, quelli veri.
E qual'è la falsa domanda? E' quella che non aspetta la risposta!
E' come se uno ti chiedesse che ore sono? Tu gli rispondi le tre meno un quarto, e lui è già andato via!
Gli interessava sapere? No!
Ci sono delle domande, che più che domande sono dubbi e ci sono domande che sono realmente un grido lancinante, una richiesta di aiuto, e in alcuni, esistono.
Io, per esempio sono amico da tanti anni di Giorgio Gaber e, che ne possa dire lui, io trovo nelle sue canzoni questa lancinante domanda reale, vera.
Un altro, che forse è il più grande di tutti è Bob Dylan"

D: Cosa significa vivere una canzone?
Vivere una canzone vuol dire morirci dentro, vivere vuol dire morire.
cioè, io quando faccio una canzone ci muoio dentro veramente.
magari, per dire, ci metto quattro mesi a trovare due accordi, che esistono già, e che un musicista vero potrebbe trovare, ma io cerco fin quando non mi rendo conto che ho detto quello che volevo dire.
Questo lavoro continua con gli amici e i musicisti e vivere una canzone vuol dire condividere talmente l'istinto creativo che l'ha fatta nascere e capirne le radici, e capirne la portata, e cominciare a leggere dentro a questa canzone gli strumenti, che io non ho saputo mettere ma che un altro è capace.
Questa è una esperienza straordinaria."

Nel 2005, poco prima che scoprisse la malattia, Chieffo realizzò un cd che a mio parere è uno dei più belli : "Neanchepersogno"
E' una raccolta in cui ricanta alcune delle sue prime canzoni, scritte a cavallo tra gli anni 60 e 70, tutte con un' impronta cabarettistica; storie umoristiche con protagonisti decisamente pasticcioni.
C'è un particolare che mi ha sempre fatto riflettere in quelle canzoni: pur nella leggerezza della musica e nell'ironia del racconto alla fine il protagonista muore, proprio per la sua dabbenaggine:
"La gilera", "Il Freno a mano", Quattro infermieri", "Avrei voluto essere una banda".
La fine della vita terrena è solo una tappa della vita intera che continuerà, destinati ad un un altro posto.
E, proprio, Avrei voluto essere una banda, è l'apoteosi del vivere la musica, portata alle estreme conseguenze.
Ma quella musica, quella canzone è segno di una Bellezza più grande, è l' occasione per poterla suonare perfino davanti al Padre Eterno.
In Paradiso.

Grazie, Claudio!



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