La leva calcistica della classe '68 - Francesco De Gregori

Esattamente cinquant'anni fa ...
17 giugno 1970:
"Nel Milan Schnellinger giocò uno in fila all'altro ben nove campionati. Da terzino sinistro fino al '69 - '70 da 'libero', ultimo suo torneo italiano. E sempre con rendimento altissimo, circondato dal rispetto di avversari e pubblico.
Ma 'quella' notte lo odiammo veramente a decine di milioni.
Forse nessun giocatore straniero militante nel campionato italiano è mai riuscito, ne' prima ne' dopo, a realizzare intorno a sè e su di sè una tale fulminea concentrazione di odio e maledizioni. (...)
Lui, Karl-Heinz Schnellinger, il più arretrato dei difensori tedeschi, arrivò solo, inaspettato e incustodito al centro dell'area azzurra (...), si gettò letteralmente in avanti, scomposto, sgraziato, inelegante, a gambe e piedi larghi, per coprire la maggiore superficie possibile.
Colpì di destro, di piatto: non di piatto morbido, ma secco come i brocchi.
Fece gol.
L'Italia intera ammutolì"

Questa, la cronaca e i sentimenti, raccontati da Nando Dalla Chiesa, nel suo bel libro, "Italia - Germania 4 a 3, storia di una generazione che andò all'attacco e vinse", rieditato da Solferino, 2020 , sulla 'partita del secolo', quel 4 a 3 nella semifinale Italia - Germania nei campionati mondiali di calcio in Messico '70.
Certo, dopo la depressione al gol del pareggio tedesco, proprio allo scadere dei '90 regolamentari, è immensa, ma nei tempi supplementari accade di tutto e ad un certo punto:
"Le riprese televisive confermano.
Mostrano Gianni Rivera che si fa dare la palla da Boninsegna nel cerchio del centrocampo e che si atteggia subito al dribbling davanti a due tedeschi, con l'aria di volerli superare entrambi.
' Quando ho visto la prima maglia bianca farsi sotto ho cambiato idea, ci ho rinunciato e ho passato la palla. Quando l'ha presa Facchetti sono andato avanti, perchè il gol volevo farlo sul serio.
Ho visto Boninsegna avanzare lottando e difendendo la palla e l'ho seguito a distanza nell'azione.
Poi lui ha crossato verso l'area e io mi sono fatto trovare sul pallone. (...)
Ho visto in anticipo che Maier, il loro portiere, si sarebbe buttato verso la sua sinistra, e ho tirato, come si dice, in controtendenza.
Ho preso la palla a colpo sicuro, piena, correttamente (...)"
Sappiamo , poi , come andò a finire.
Finale contro l'immenso Brasile di Pelè e l'Italia fu umiliata e sommersa di gol.
Però, nell'immaginario collettivo, quella partita vinta in semifinale contro la Germania rimane indelebile come una fosse la vera finale.

Ma, dodici anni dopo, l'Italia del pallone, sconfisse veramente i tedeschi in finale:
1982, campionati mondiali di calcio in Spagna: era la Nazionale di Pablito Rossi e di tanti altri campioni entrati nella storia , non solo calcistica, italiana.
Proprio in quell'anno, in contemporanea allo svolgimento del torneo mondiale, Francesco De Gregori pubblicava il grande disco "Titanic" e guarda caso nel 33giri, era incluso un brano dal titolo eloquente: " La leva calcistica della classe '68", una delle sue canzoni più popolari e più cantate.
Una traccia melodica iper-pop : un incrocio di déjà vu tra il primo Lucio Battisti ed il giovane Elton John.  ma il testo?
Allegoria? Un piccolo romanzo morale di formazione? O nient'altro che una semplice cronaca di un ragazzo che attraverso lo sport impara ad affrontare le complessità della vita?
" E' una canzone scritta in cinque minuti, c'è dentro un racconto, una tesi.
Questa storia, del calcio di rigore, che poi, anche se uno sbaglia non c'è niente di male.
Beh ... a volte tutto questo mi sembra un pò troppo 'politically correct', un pò troppo buonista per i miei gusti, però pensa tu, eravamo entrati negli anni '80, la competitività e l'individualismo eletti a categoria morale superiore e io raccontavo fra le righe, che era meglio giocare bene che vincere a tutti i costi.
Forse è per questo che i capi della RCA, quando uscirono dallo studio, dopo aver sentito il disco, se ne andarono un pò perplessi, come se tornassero da Marte"
E' lo stesso De Gregori che racconta a Paolo Vites, il giornalista responsabile di questa intervista che accompagnava l'uscita in allegato al Corriere della Sera, di una collana di cd "Contemporanea" dedicati al cantautore romano.

Più recentemente, conversando con Antonio Gnoli, nel libro "A passo d'uomo"(Laterza editori, 2016) riflettendo sulla 'classe 68' del titolo, il cantautore ammette:
"Pensavo ad un ragazzino nato nel 1968, che nell' 82, quando scrivo la canzone, ha tredici anni.
Fa le cose che fanno tutti gli adolescenti: va a scuola, gioca a pallone e patisce i rituali di iniziazione alla vita, ma ne è inconsapevole.
 La mia idea in fondo, era di una semplicità sconcertante: nel '68 non è successo niente, è solo nato un bambino: il gioco era voler demitizzare quella data, caricata di significati estremi e di pesi ideologici intollerabili. Come se dicessi: attenti, il '68 sarà importante perchè è nato un bambino, non perchè qualcuno ha pensato alla rivoluzione.
Avevo questo nella testa."

A pensarci bene, però, a proposito di rigori , fu proprio il penalty sbagliato da Cabrini, nella finale, a dare la carica per vincere quella partita e la Coppa del Mondo!



  

Commenti

  1. E' un brano stupendo, che mi ha sempre commosso. in verità non ho mai pensato ad un significato recondito della canzone, l'ho sempre visto come un bell'insegnamento per un ragazzino che gioca a calcio. Ragionamento che si può applicare anche a tanti altri campi: non è la singola azione (sbagliata o compiuta che sia) che può definire l'essenza di un uomo. e in questi giorni di follia lo stiamo vedendo non solo in Italia, ma nel mondo intero (vedi tutta la polemica su Colombo, Churchill e Montanelli).

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