La canzone della verità - Enrico Ruggeri

"Spesso quand'io ti miro
star così muta in sul deserto piano
che, in suo giro lontano, al ciel confina;
ovver con la mia greggia seguirmi viaggiando a mano a mano;
e quando miro in ciel arder le stelle;
dico fra me pensando:
a che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
infinito seren?
Che vuol dir questa solitudine immensa?
Ed io che sono?
Così meco ragiono..."
da "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia" - Giacomo Leopardi

Insegnato e vissuto a scuola come il poeta del "pessimismo cosmico" al limite della sfiga, Giacomo Leopardi è invece il poeta delle domande definitive su " per cosa vale la pena che io viva? qual'è il significato della realtà? che senso ha l'esistenza?"...,
insomma, qual è la verità del mio essere?
Riflessioni su una produzione poetica che mette in imbarazzo e interroga la stessa categoria degli insegnanti:
"Una volta un collega mi ha criticato, dicendomi: ' A scuola bisogna seminare dubbi, non certezze '.
Non credo che a scuola l'alternativa sia tra dubbi e certezze, ma tra libertà e schiavitù.
Non si tratta di seminare certezze, bensì di incoraggiare l'uso della libertà in direzione di ciò che è vero, bello e buono, per ampliare il raggio d'azione del vero, del bello, del buono, le tre cose che rendono una vita appassionata e appassionante.
Ricevo centinaia di domande "impossibili" dai ragazzi, perché quelle domande sono anche le mie e anche io sono in viaggio verso le risposte, che arriveranno solo a patto di tenere vive le domande: la vita non è mai avara di risposte quando si rimane aperti a lei con domande precise"
Così lo scrittore Alessandro D'Avenia, nel commentare la poesia di Leopardi, nel suo libro di immaginari scambi epistolari con il poeta di Recanati , "L'arte di essere fragili" (Arnoldo Mondadori editore, 2016)

Anche Enrico Ruggeri, arriva da studi liceali umanistici.
Milanese di nascita, ha frequentato come studente, uno dei licei di indirizzo classico tra i più prestigiosi del capoluogo lombardo: il Berchet.
E questi studi sono stati proficui perché, è innegabile, che tra i cantautori della sua generazione, oltre che essere un buon musicista, nei testi delle sue composizioni sa usare la lingua italiana in maniera impeccabile. 
Di famiglia medio borghese, figlio del boom economico italiano, giovanissimo viene attratto dal movimento punk e decide di viverlo direttamente alla fonte, in Inghilterra.
Tornato in Italia, fonda i Decibel (ora tutti attempati professionisti) ed esordisce a Sanremo fra le nuove proposte con "Contessa" che spopolerà tra i giovanissimi.
Ma il punk è solo il trampolino di lancio, Ruggeri diventa ben presto un grande autore inserito pregevolmente nella tradizione del cantautorato italiano, alternando con perizia e creatività il rock, il pop e la melodia classica italiana.
I suoi testi non sono mai banali e spesso l'introspezione esistenziale colpisce il segno.
Accade, per esempio, con un brano del 1987, lato B del singolo (con il quale vincerà il Festival di Sanremo nell'estemporaneo terzetto insieme a Morandi e Tozzi) "Si può dare di più":
"La canzone della verità"
Proprio sul significato di questo testo Ruggeri risponde ad una domanda posta dal giornalista Walter Gatti, pubblicata dal settimanale "Il Sabato":
" Perché canto ' la verità è che non abbiamo mai verità' ? Semplice, che non ce la diamo da noi.
Quella con la V maiuscola. La vita va avanti sui dubbi, fuori di me, come dentro di me, di noi.
Ma su una cosa il dubbio non esiste, è insensato: sull'esistenza della verità ultima.
la ricerca di ciò che è stabile, è ciò che dona all'arte, anche alla mia di cantante, una qualche misura di immortalità.
Io sono credente. Non va di moda, eppure lo sono.
Questo però cambia le carte in tavola a molti e su molte cose, perché non è così facile manipolarmi.
Perché la mia musica è ricerca umana di ciò che è vero"






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