Eleanor Rigby - The Beatles

"Seguendo la parabola evangelica, si potrebbe dire che la sofferenza, presente sotto tante forme diverse nel nostro mondo umano, vi sia presente anche per sprigionare nell'uomo l'amore, proprio quel dono disinteressato del proprio 'io' in favore degli altri uomini, degli uomini sofferenti.
Il mondo dell'umana sofferenza invoca, per così dire, senza sosta un altro mondo: quello dell'amore umano; e quell'amore disinteressato che si desta nel cuore e nelle sue opere, l'uomo lo deve in un certo senso alla sofferenza.
Non può l'uomo 'prossimo' passare con indifferenza davanti alla sofferenza altrui in nome della fondamentale solidarietà umana, né tanto meno in nome dell'amore del prossimo.
Egli deve 'fermarsi', 'commuoversi', agendo così come il samaritano della parabola evangelica."

Nel gennaio 2020, in tempi di pandemia, così, mons. Corrado Sanguineti, vescovo di Pavia, in un intervento pubblico, cita un passaggio dall'Enciclica "Fratelli tutti" di papa Francesco.
E' per affrontare e richiamare alla responsabilità dell'umana condivisione gli atteggiamenti di paura e solitudine subìti dall'onda lunga contagiosa e letale del virus.
Dei quali atteggiamenti, la giornalista Marina Corradi, nella sua rubrica sul mensile "Tempi", desolata, racconta:
"Ci sono effetti collaterali del lockdown di cui ci accorgeremo tardi.
Già adesso constato, quando un'ambulanza arriva sotto casa e porta via, solo, un anziano vicino, fra i condomini cade il silenzio.
Sotto le mascherine bofonchiamo a occhi bassi un buongiorno, e ci allontaniamo veloci.
Come sta quel signore? domandi dopo tre giorni.
E scopri che è già morto e seppellito.
Funerali zero, nemmeno un annuncio sul portone.
A pensarci, di ambulanze qui intorno ne ho viste parecchie che partivano in fretta, ma di partecipazioni a lutto sui portoni non ne ricordo neanche una.
Quasi, quella morte, qualcosa da far sapere il meno possibile: quasi una vergogna."

E continua la Corradi, come riprendendo le riflessioni di papa Francesco
"Sembra che questa epidemia ci costringa a scegliere: da che parte stiamo? Con chi pensa solo a sé, o con chi pensa anche agli altri. A tutti gli altri, a un mondo di sconosciuti malati, o soli o senza lavoro."

Ma ... "tutta la gente sola, da dove viene?
Tutta la gente sola, a chi appartiene?"

Sono passati cinquantacinque anni, e queste domande risuonano ancora, sempre più pressanti.
All'apice della loro creatività, i Beatles, nel 1966, sfornano un brano tra i più malinconici e tristi della storia del rock.
Meglio, tra i più struggenti.
"Eleanor Rigby" è una storia d solitudini: di Eleanor, la donna che raccoglie il riso lasciato per terra sul sagrato della chiesa, dopo un matrimonio, magari pensando al proprio che non è avvenuto, chissà.
Ed intanto aspetta da sola, dietro la finestra, qualcosa o qualcuno che le cambi la vita.
E' la storia di solitudine di Padre McKenzie, che si rammenda i calzini, preparando prediche che nessuno ascolterà.
Due solitudini che si incroceranno al funerale di lei: è proprio il prete che lo celebrerà in una chiesa vuota.
Poteva finire lì, la canzone, tra un quartetto d'archi, organizzato dal gran produttore George Martin, arrangiamento insolito e rivoluzionario per una band pop rock dal successo planetario.
Ma ecco il genio di Paul Mc Cartney, che tira fuori dal cassetto i suoi ricordi di boy scout, di bravo ragazzo della periferia londinese, che non vuole arrendersi al quadro desolante e si domanda:
"Ma finisce proprio così? E noi, da dove veniamo e a chi apparteniamo?"

Cinquantacinque anni fa, il mondo era in gran subbuglio, il movimento sessantottino non era ancora esploso.
La speranza dei giovani era tutta protesa verso l'entusiasmo di un progresso di pace e sviluppo, anche se gli echi della guerra fredda rimbalzavano in sottofondo, eppure qualcosa, oggi diremmo la pandemia, insinuava un malessere mortale nel corpo e nell'anima.
Questa domanda risuona ancora:
"Tutta la gente sola, da dove viene?
Tutta la gente sola, a chi appartiene?"

"Ah, guarda tutta la gente sola.
Eleanor Rigby raccoglie il riso nella chiesa
dove c'è stato un matrimonio,
vive in un sogno.
Aspetta alla finestra con indosso il viso
che tiene in serbo in una caraffa vicino alla porta,
per chi lo fa?
Tutta la gente sola, da dove viene?
Tutta la gente sola a chi appartiene?

Padre McKenzie scrive le parole di un sermone
che nessuno sentirà,
nessuno si avvicina.
Guardalo mentre lavora, e di notte quando non c'è nessuno
si rammenda i calzini.
Di chi si preoccupa?

Elanor Rigby morì nella chiesa
e la seppellirono sotto una lapide col suo nome.
Nessuno venne.
Padre McKenzie si allontana dalla sepoltura
pulendosi le mani dalla terra.
Nessuno fu salvato.

Tutta la gente sola, da dove viene?
Tutta la gente sola, a chi appartiene?"




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