Le rose blu - Roberto Vecchioni

"Che cosa vince la paura in un bambino? La presenza della mamma.
Questo "metodo" vale per tutti.
E' una presenza, non le nostre strategie, la nostra intelligenza, il nostro coraggio, ciò che mobilita e sostiene la vita di ognuno di noi.
Una presenza, la memoria operante di essa. (...)
Di fronte alla paura profonda, quella che ci attanaglia al fondo del nostro essere e che ci adoperiamo a cacciare il più lontano possibile (la paura della morte e di ogni suo riverbero nella vita), occorre domandarsi quale presenza è in grado di vincerla.
Non qualsiasi presenza.
E' per questo che Dio si è fatto uomo, è diventato una presenza storica, carnale, vicina, un compagno di cammino (...)
 'un uomo di nome Gesù, che (...) quella volta a Nain, vedendo una madre, vedova, che accompagnava al sepolcro la bara del figlio morto, era stato preso da un impeto di emozione e, facendosi avanti, aveva messo una mano sulla sua spalla, dicendole: Donna, non piangere', con un'incongruenza strana. E poi la risuscitò il figlio.
Ma come si fa a dire ad una donna vedova che ha perso un figlio: Donna non piangere?' (...)
Chissà come si sarà sentita quella donna, investita da un abbraccio che superava ogni umano sentimento e le ridava speranza! (Luigi Giussani, 'Generare tracce nella storia del mondo')"

E' un brano tratto dal breve saggio "Il risveglio dell'umano. Riflessioni da un tempo vertiginoso" (Bur Rizzoli, 2020) di Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, pubblicato in piena pandemia Covid -19, che, come si legge nell'introduzione del libro stesso "si sta misurando con le domande di tutti, offrendo un contributo alla riflessione comune.
E, in particolar modo, nel brano proposto all'inizio la realtà con la paura della morte e della malattia nel rapporto tra genitore e figlio.

"Quando chiedevo a mio figlio i fiori che preferiva, mi rispondeva le rose blu, che sono fiori che non esistono, sono finti. Allora al momento che chiedo delle cose a Dio, non chiedo altro che le rose di mio figlio.
'Le rose blu'  è una lunga preghiera, un 'a tu per tu' con Dio, una proposta smisurata di scambio per uno dei miei figli. Per scriverla mi sono chiuso in uno sgabuzzino per due giorni e due notti e non ho mai provato brividi così forti"
"E' stata scritta nel momento in cui ci siamo accorti della malattia del piccolino.
Ma la felicità è un convivere col dolore, con la rivincita e il superamento, e se hai fede, meglio ancora" 
"La fede ti obbliga alla serietà. Ti fa meditare sulla tua essenza, ti pone domande.
Indubbiamente prima la mia malattia e poi quella di mio figlio hanno influenzato molto questo percorso alla scoperta di Dio"

Sono spezzoni da interviste molto approfondite a Roberto Vecchioni, che prendendo spunto dal brano "Le rose blu", pubblicato nel 2007, danno modo al cantautore milanese di raccontare il suo rapporto con la fede.
Sono state pubblicate dal "Corriere della sera", "Avvenire" e dal settimanale "A sua immagine"

"Il momento più alto  del mio faccia a faccia con Dio è dato sicuramente da 'Le rose blu', che è un vero punto di arrivo, il riconoscimento che Dio c'è. Sapere che Dio prenderà ciò che gli offro significa essere convinto della Sua presenza"
"E' la canzone più drammatica della mia vita, è una preghiera, forse una bestemmia, non lo so.
Un patto impossibile con Dio.
Non ti offro la vita è già tua: ti do quanto ho vissuto, se tu dai a mio figlio le rose blu, la sua salvezza"

Roberto Vecchioni, milanese, titolare di un 'songbook' di tutto rispetto, è uno tra i decani ancora in attività della sua generazione di cantautori.  Professore di liceo, ora in pensione, è stato docente universitario in Storia delle religioni, scrittore di novelle, ha iniziato la sua carriera artistica all'ombra dei Guccini e dei Dalla, dei quali ha goduto di una lunga frequentazione.
Ha sviluppato una vena musicale molto personale e la sua poetica rimanda ad una realtà quotidiana:
ritratti commossi di personaggi familiari e di racconti di formazione.
Grande umanità, un ateo che nel tempo ha (ri)scoperto la fede.
Una fede sempre tormentata espressa in quasi cinquant'anni di canzoni: 
"Il Signore non è lontano, è qua! Grandi personaggi e scrittori hanno detto che Dio è dentro di noi.
Per esempio Manzoni che fa dire all'Innominato: "Dio, Dio, dov'è questo Dio?
E il cardinale risponde: 'Tu devi dirlo, lo hai dentro in questo momento'
Il Signore è sempre dentro di noi"

E Carron, conclude:
"Quella madre vedova non era condannata a rimanere da sola, perchè il seme della Resurrezione era presente in quell'Uomo che le diceva quelle parole inaudite e che subito dopo le restituì quel figlio vivo"






     

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