E' l'età - Renato Zero

"La peregrinazione della fede indica la storia interiore, come a dire la storia delle anime.
Ma questa è anche la storia degli uomini, soggetti su questa terra alla transitorietà, compresi nella dimensione storica. (...)
Qui si schiude un ampio spazio, all'interno del quale la Beata Vergine Maria continua a 'precedere' il 'popolo di Dio'.
La sua eccezionale peregrinazione della fede rappresenta un costante punto di riferimento per la Chiesa, per i singoli e le comunità, per i popoli e le nazioni, in un certo senso per l'umanità intera.
E' davvero difficile abbracciare e misurare il suo raggio.
Il Concilio sottolinea che la Madre di Dio è ormai il compimento escatologico della Chiesa:
'La Chiesa ha già raggiunto nella Beatissima Vergine la perfezione, con la quale è senza macchia e senza ruga. (...) i fedeli si sforzano ancora di crescere nella santità, debellando il peccato e per questo innalzano i loro occhi a Maria (...)
Maria non cessa di essere 'la stella del mare', per tutti coloro che ancora percorrono il cammino della fede.
Se essi alzano gli occhi verso di Lei  nei diversi luoghi dell'esistenza terrena, lo fanno perché ella 'diede alla luce il Figlio, che Dio ha posto quale primogenito tra molti fratelli' ed anche perché 'alla rigenerazione e formazione' di questi fratelli e sorelle 'coopera con amore di madre' "
Questo è un frammento della Lettera Enciclica "Redemptoris Mater", "Sulla Beata Vergine Maria nella vita della Chiesa in cammino, emanata nel 1987, dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II.
Il santo Santo Padre aveva una forte devozione mariana tanto che lo stemma scelto per il suo pontificato recava il motto "Totus tuus", tutto tuo, una preghiera della tradizione antica dedicata alla Madonna.

"Oggi non si parla quasi per niente della dimensione mistica, spirituale della nostra vita.
C'è la necessità di recuperarla.
Non ho scoperto niente di nuovo, ho solo proposto alla gente di riprendere il dialogo con Dio, attraverso sua Madre. Credo di averlo fatto nell'interesse di tutti."
Così risponde Renato Zero a Giampaolo Mattei nel libro "Anima mia" (ed. Piemme, 1998)
Era il 1998 e all'attivo lo showman romano aveva una partecipazione al Festival di SanRemo del 1993 con la canzone "Ave Maria", lasciando sorpreso il pubblico pagante e televisivo dell'evento, ma non certo i "sorcini", suoi fedelissimi fans.
Il funambolico intrattenitore musicale che si era imposto nella seconda metà degli anni settanta con la sua figura da gran trasformista e con un repertorio musicale pseudo trasgressivo (ma "Il Triangolo" e "Sbattiamoci", più che inni all'amore gay erano commedie degli equivoci in quattro minuti) aveva già lasciato il segno con brani più profondi come "Il cielo" e "Il carrozzone", e in difesa degli esclusi delle periferie.
Un repertorio che col passare degli anni è diventato sempre più prevalente a scapito della brillantezza compositiva, e a favore di una vena predicatoria un pò stucchevole.
Ma a Renato Fiacchini in arte Zero, si perdona quasi tutto.

Sempre nell'intervista citata, spiega così il suo "cambio di passo":
"Credo che ognuno di noi cambi di continuo. (...)
Ora ci si chiede se è giusto dimenticarsi di Dio e abbandonarsi ad un materialismo che non giustifica e non riempie quei vuoti di solitudine in cui spesso ci troviamo.
La solitudine è una caratteristica dell' uomo.
Sta a noi darci da fare per riempire gli spazi vuoti con gli affetti, con gli abbracci, con i figli e anche con i dolori, secondo le strade che scegliamo."

Ora, a settant'anni, è sempre in grande attività discografica e live, pubblica nel 2020 addirittura tre album in contemporanea "Zerosettanta", ma non ha dimenticato di "cantare" quella Signora:
"Questo disco dimostra quante volte mi sia presentato alla fonte battesimale.
Oggi sono un cristiano orgoglioso della mia musica e di quello che sono.
La fede è una medicina per tutti e contro ogni forma di malessere."





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