Ave Maria no morro - Zucchero "Sugar" Fornaciari

" I canti della tradizione brasiliana sono una raccolta di brani popolari e tradizionali che in modo semplice e altero, familiare e solenne si addentra nella nostra dimora umana desiderosa di bellezza e di significato.
Viene da lontano questa bandiera musicale.
E' portata nel Medio Evo dagli iberici in cerca di un mondo nuovo, modulato baroccamente da una diversità di razze, segnalando a tutti il motivo per il quale per il quale celebrare la vita e lottare per essa.
Viene carica di memoria: ci porta il grido di tante generazioni che, con ritmi, cadenze e delicatezze afferma con forza 'io appartengo'.
E viene entrando nella nostra dimora assetata di essere.

Viene a toccare tutta la nostra realtà concreta e quotidiana, come una Presenza attraente, allo stesso tempo mobilitante e pacificante.
E viene entrando nella nostra casa umana assetata di vita, una vita degna di questo nome.
Viene a toccare in noi il punto in cui ci riconosciamo popolo. (...)
Viene a toccarci e risveglia la nostra percezione del Sacro.
E viene entrando nella nostra dimora umana, assetata di un Altro che ci rende noi stessi.
Viene e nello stesso tempo si allontana, e lascia la nostra dimora umana, piena di nostalgia (saudade),
speranzosa, mendicante la Grande Presenza."

Questa è la splendida introduzione alla conoscenza dei canti della tradizione brasiliana, composta da Miguel Mafhoud, professore di psicologia all' Università Federale di Minas Gerais nella brasiliana Belo Horizonte, contenuta nel libretto di copertina del cd "Romaria", pubblicato nel 2004 dall'editrice "Itaca".

"Arrivato ai sessant'anni non me la sento più di giocare con la goliardia da bar come in molti brani del passato. (...) Viviamo in una pentola in ebollizione che speriamo non scoppi. 
Anch'io sono preoccupato come lo sono in tanti. (...)
Viviamo immersi nell'apparenza. (...) Sono soprattutto i social a spingere in questa direzione.
Ma sotto sotto c'è una paura, c'è una fuga anzitutto da se stessi. (...)
Io sono ateo, ma papa Francesco mi piace.
Lo sento genuino, uno del popolo, dà volto e voce agli emarginati e alla sofferenza.
Mi piace ascoltarlo, dice pane al pane e vino al vino, senza tanti fronzoli."

Forse per il fatto di rilasciare questa intervista al quotidiano "Avvenire", nel 2019, ha suggerito al blues man romagnolo Zucchero di compiacere il target dei lettori del quotidiano cattolico, con un fervorino "papista". Chissà ...
Certo il prosieguo dell'intervista svela un particolare molto intimo e sincero del cantautore:
"Si, sono in ricerca. Quando scrivo le mie canzoni più personali penso spesso a mio padre che da ateo, comunista e mangiapreti, quando il sacerdote veniva per benedire la casa, lui diceva a mia madre di non farlo entrare.
Ho visto però che la malattia degenerativa di cui ha sofferto per otto anni l'ha scavato in profondità.
Un giorni vidi entrare il prete per la prima volta a casa sua e quando il sacerdote fece per benedirlo, lui che non aveva neanche la forza per alzarsi, dette fondo ad ogni energia e si alzò.
E con gli occhi lucidi si fece il segno della croce.
Quell'immagine mi ha toccato profondamente."

Come scrive Fabio Brumani, introducendo nel libro "Cosa sarà. Alla ricerca del mistero nella canzone italiana" (Itaca edizioni , 2009), un brano particolare di Zucchero, del 1989 "Madre dolcissima":
"Zucchero 'Sugar' Fornaciari è un artista che ama cimentarsi con i sapori forti.
Mescolando l'entroterra semplice e colorito dell'umanesimo contadino emiliano con le radici 'nere' del blues, maneggia da sempre, nei testi delle sue canzoni, materie prime sanguigne e vitali: cibo, vino, amore, sensualità, natura. E dentro tutto questo, lascia affiorare spesso una religiosità istintiva e accesa, come si addice ad una musica - soul - che conosce la fame e la sete dell'anima, così come quelle del corpo."

All'inquilino della "Stanza di Elvis", Zucchero (sorvolando sulla sua propensione al plagio di altrui produzioni) diverte un sacco.
Da molti anni, ormai, tra i più acclamati rocker italiani (da notare arriva dalla stessa terra di Vasco e Ligabue), protagonista di sorprendenti collaborazioni con le più grandi rockstar mondiali, convince soprattutto nella sua dimensione "live", nella quale dà tutto di sè, attorniato da fior fiore di musicisti, una squadra di dimensioni internazionali.

Nel 2012, trasloca a Cuba, e imbastisce un album dedicato alle sonorità carioca: "La sesiòn cubana", in cui, tra versioni di suoi vecchi successi e riletture del catalogo brasiliano, affiora una vera preghiera originaria delle favelas, "Ave Maria no morro" composta, nel 1942, da Herivelto de Oliveira Martins, cantante e attore di quella terra.
Zucchero, la canterà, poco dopo, in un concerto oceanico all'Avana.
E' un'oasi di profonda intensità, nel bailamme di ritmo e sudore, ma in quel momento, lì, sul palco, nonostante tutto, si avverte una Presenza.
C'è La Donna, La Madre, a cui rivolgere una preghiera.

AVE MARIA DELLA FAVELA

"Baracca di zinco, senza tegole.
Senza pittura, là sul colle.
La baracca è una villa.
Là non esiste felicità di grattacielo,
poiché chi abita là sul colle
già vive vicino al cielo.

C'è la sveglia, c'è il canto degli uccelli
Al sorgere del sole sinfonia di passeri
che annunziano l'imbrunire.
E il colle intero alla fine del giorno
recita una preghiera:
Ave Maria.
E quando il colle si fa scuro
innalza una preghiera a Dio ...
Ave Maria"




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