Pedro, Pedreiro - Enzo Jannacci

da "C'è speranza? Il fascino della scoperta" di Juliàn Carròn
(Editrice Nuovo Mondo, 2021)

"Il duello ricomincia ogni mattina. Ciascuno lo può vedere al risveglio, quando si dispone ad affrontare il viaggio della giornata pieno di attesa di compimento.
E' un dramma efficacemente descritto in una nota poesia di Montale, 'Prima del viaggio':

'Prima del viaggio, si scrutano gli orari,
le coincidenze, le soste, le pernottazioni
e le prenotazioni (di camere con bagno
o doccia, a un letto o due o addirittura un flat);
si consultano
le guide Hachette e quelle dei musei,
si cambiano valute, si dividono
franchi da escudos, rubli da copechi;
prima del viaggio s'informa
qualche amico o parente, si controllano
valige e passaporti, si completa
il corredo, si acquista un supplemento
di lamette da barba, eventualmente
si dà un'occhiata al testamento, pura
scaramanzia perché i disastri aerei
in percentuale sono nulla;
prima del viaggio
si è tranquilli ma si sospetta che
il saggio non si muova e che il piacere
di ritornare costi uno sproposito.
E poi si parte e tutto è O.K e tutto
è per il meglio e inutile.
(...)
E ora che ne sarà
del mio viaggio?
Troppo accuratamente l'ho studiato 
senza saperne nulla.
Un imprevisto è la sola speranza.
ma mi dicono ch'è una stoltezza dirselo.'

Possiamo preparare tutto per affrontare il viaggio della vita, di ogni giornata, di ogni ora, con i relativi appuntamenti.
Eppure, ancora prima di sapere come andrà, possiamo confessare a noi stessi: 'Tutto è per il meglio e inutile'.
Per quanto inconsapevoli o distratti, abbiamo il presentimento della dimensione della nostra attesa e siamo certi in anticipo che tutti i nostri preparativi non serviranno allo scopo, non saranno in grado di procurarci quello che aspettiamo, di compiere l'attesa con cui ci svegliamo al mattino o con cui incominciamo il viaggio.
L'esperienza che abbiamo già vissuto ce lo ha insegnato.
Capiamo allora perché 'un imprevisto è la sola speranza': deve succedere qualcosa che non è compreso nei nostri piani, che supera i nostri preparativi, le nostre proiezioni. (...)
Che questo imprevisto possa accadere rappresenta il culmine dell'attesa umana. (...)
L'unica stoltezza è negare la possibilità dell'evento. (...)
La categoria della possibilità appartiene alla natura della ragione.
Perciò l'unica posizione veramente ragionevole è lasciare aperta la possibilità.
Non solo all'inizio, ma sempre, ora, in qualsiasi momento del vivere."

Continuano le riflessioni di don Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, sul senso dell'avvenimento cristiano nei tempi della pandemia.

"E io l'ho visto Gesù. Ero piccolo, mi trovavo su un tram e c'era un signore talmente stanco che il braccio gli cadeva.
Portava gli occhiali da vista, ma da povero, non valutati da oculisti.
Per una frenata gli caddero, non sapevo se raccoglierli e per timidezza sono passato oltre.
Quando mi sono girato aveva gli occhiali ed era sveglio. Aveva un'altra faccia, come se avesse ricevuto una carezza.
Io ci credo molto.
Solo Lui poteva averlo fatto.
Solo Lui poteva potuto fargli la faccia così felice."

Ricordata da Maurizio Vitali, tra i curatori della mostra al Meeting di Rimini "Mondo piccolo roba minima" e citata nel bel libro "Enzo Jannacci. Canzoni che feriscono" (Caissa Italia editore, 2019) di Paolo Vites, questa frase dell'artista milanese, esprime tutta la sua umanità di fronte all'imprevisto nella vita di ognuno.
Imprevisto che è speranza anche nella esperienza della propria professione.
Infatti, Jannacci, che non perse mai l'orizzonte vocazionale del suo essere medico, così, nel 2009, interveniva sulla pagine del Corriere della Sera, a proposito del caso drammatico di Eluana Englaro:
"Io da medico ragiono esattamente così: la vita è sempre importante, non soltanto quando è attraente ed emozionante, ma anche se si presenta inerme e indifesa. (...)
Cervello morto? Si usano queste espressioni troppo alla leggera.
Se si trattasse di mio figlio basterebbe un solo battito delle ciglia a farmelo sentire vivo."

Un imprevisto, appunto.

"In 'Pedro, Pedreiro' emerge in modo dirompente il tema jannacciano del tram come possibilità di viaggio, incontro, vita vera. Qui è un tram da aspettare, senza la gioia bambina del salirci da piccoli.
Tanto che in questa canzone (una cover di un brano di Chico Barque de Hollanda, incisa nel 1968)
Jannacci canta a strappi sofferti, fra malinconia italica e saudade brasiliana, colori orchestrali e bossa nova, senza squarci di ironia surreale.
Sino ad un finale della vicenda aperto a più letture, lanciato come stimolo al pubblico."
E' questo il commento di Andrea Pedrinelli nel suo volume "Roba minima (mica tanto)" (Giunti editore, 2014), dove introduce efficacemente, canzone per canzone, tutta la produzione di Jannacci.

In "Pedro, Pedreiro", l'arrivo del tram, alla fine, quasi improvviso, dopo tanta attesa, tra tutte le altre attese nella vita del protagonista, è proprio quell' imprevisto rappresenta "il culmine dell'attesa umana",
l'incontro che salva la nostra umanità.  

(Grazie al prof. Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, per aver raccontato il senso di questa canzone.)




Commenti

I più letti

La costruzione di un amore - Ivano Fossati

Il Carmelo di Echt - Giuni Russo

Alessandro - Enrico Ruggeri