L' absent - Gilbert Becaud

"La domanda di Mario Luzi, in una sua poesia del 1999 : 'Di chi è mancanza, questa mancanza, cuore?'
è in sé provocatoria. 
Nei fatti anticipa quella sul senso religioso, ne costituisce la premessa esistenziale.
Non c'è infatti nessun desiderio di bellezza, di verità e di giustizia se quest'ultime non sono già state in qualche modo intuite, anche solo per un attimo, nel corso dell'esistenza.
Tutti gli esseri umani si innamorano e prendono le loro decisioni più importanti solo a partire da una 'felicità intravista', da un bello che ha 'ferito il cuore', da una bontà che ha mosso e  commosso.
Occorre pur avere incontrato un frammento di bellezza, presentito un principio di verità;
occorre pur avere sperimentato, almeno per una volta, l'affermarsi della giustizia per non tollerarne l'assenza, per non separarsi più dal desiderio di un vero appena sperimentato, di una bellezza appena incontrata.

E' l'esperienza del bene radicale che smuove il cuore, lo fa desiderare (...)
Non c'è nessuno, non c'è persona di ogni epoca e di ogni luogo che non abbia fatto i conti con lo struggersi perla mancanza del bene appena avvertito, per l'assenza di quella bellezza (...)
L'assenza che nasce da un bene che manca, da un bello che non si trova, da un vero che sembra sfuggire porta così all'esperienza della mancanza che riempie il cuore. (...)
(Ma) non c'è incontro reale ed autentico (...) che non parta dalla consapevolezza di questa mancanza e dal desiderio profondo di colmarla. (...)
Un tale coraggio non può affermarsi senza un barlume di speranza, sommessamente confessata, ed è ancora Mario Luzi a descriverla: ' Viene, forse viene, da oltre te, un richiamo, che ora perchè agonizzi non ascolti. Ma c'è, ne custodisce forza e canto, la musica perpetua ritornerà'.
Il richiamo c'è, muove il cuore.
Coscienza della mancanza che inonda la vita, ma anche capacità di ascoltare un tale richiamo, un richiamo che c'è."

Sono brani da un commento del sociologo Salvatore Abruzzese, sulle pagine online del sito informativo Il Sussidiario, nell'agosto 2015, sul titolo del Meeting di Rimini di quell'anno.

Nella storia della canzone del '900, un posto importante, anche se forse conosciuto solo da una platea di ascoltatori "colti", viene occupato dalla cosiddetta "Scuola francese".
A Parigi, come fuori dai confini francesi, dalla metà del secolo scorso, vennero alla ribalta una serie di canta/autori dalla sensibilità esistenzialista, gli "chansonniers", che univano il gusto teatrale con la corrente folk/jazz. Jacques Brel, George Brassens, Charles Aznavour, Sacha Distel, Gibert Becaud, erano la risposta europea ai songwriter americani e all'epopea dei cantori letterari della "Beat Generation".
Pur essendo protagonisti di una produzione un pò d'elite, questi artisti francesi furono ispirazione, soprattutto ad un'altra scuola musicale: quella genovese.
Gino Paoli, Bruno Lauzi,  Luigi Tenco, Fabrizio De Andrè, costruiranno le fondamenta delle loro carriere "coverizzando" i brani dei loro cugini d'oltralpe o mantenendo una sensibilità compositiva  simile, nel loro personale catalogo. 
Anche oltre Oceano Atlantico, gli echi della scuola francese non passarono inascoltati: diversi "crooner" a stelle e strisce ebbero modo di far arrivare le loro versioni tradotte e reinterpretate nelle loro hit parade egemonizzate dal rock.
Frank Sinatra, Paul Anka, Willie Nelson, Neil Diamond, sono solo alcuni nomi tra quelli che hanno beneficiato della creatività francese.

"L'absent", L'assente, è un brano del 1960, scritto da Gilbert Becaud, insieme a Louis Amade.
Il brano è una struggente riflessione personale sul sentimento di una mancanza, di una assenza, verso un amico, che è morto. E' un' accorata riflessione su un rapporto reciso dalla morte, ma che viene illuminata dal ricordo, che non si chiude ad una disperata mancanza: l'umana fatica di arresa alla realtà, viene consolata da ciò che l'amico chiedeva: 
"Quando partirò per paesi lontani, al di là della terra, non piangerete, alzerete i vostri bicchieri e berrete per me alla mia eternità"

L'ASSENTE

"Che pesante è portare
l'assenza dell'amico,
l'amico che ogni sera veniva a questo tavolo
e che non verrà più.
La morte è miserabile
che pugnala il cuore
e che ti decostruisce.

Aveva detto un giorno:
Quando partirò
per paesi lontani
al di là della terra
non piangerete,
alzerete i vostri bicchieri
e berrete con me
alla mia eternità.

Nel vuoto delle mie notti,
mi piacerebbe allora
bere al tuo ricordo
per restargli fedele.
Ma ho troppo dispiacere
e la sua voce che mi chiama
si pianta come un chiodo
nel palmo della mia mano.
Allora reso qui,
a bordo del mio passato,
silenzioso e sconfitto,
mentre la sua voce passa.
Ed ascolto la vita
installarsi al suo posto,
il suo posto che rimane abbandonato.

La vita di ogni giorno
con minuscole gioie,
vuole riempire ad ogni prezzo
il vuoto dell'assenza.
Ma non potrà
coi suoi inganni
prendere il mio amico
per la seconda volta.

Che pesante è portare
l'assenza dell'amico."

Abruzzese: "Il richiamo c'è, muove il cuore.
Coscienza della mancanza che inonda la vita, ma anche capacità di ascoltare un tale richiamo,
un richiamo che c'è."





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