Fairy tale of New York - The Pogues

"Se è vero che all'uomo è stato concesso di riferirsi nuovamente al Padre, e dunque di salvarsi attraverso l'Incarnazione, è solo l'Incarnazione, è solo il Natale che lo fanno riessere figlio (infante); 
che lo fanno rinascere alla pienezza che aveva prima del peccato;
nuovamente e totalmente uomo, perchè nuovamente e totalmente figlio. (...)
Che Cristo per poterci salvare abbia accettato il nostro limite, il limite della nostra storia, della nostra carne e delle nostre ossa, ci dice, come prima cosa che, senza accettare il nostro limite, che è totale, perchè è il limite della totale nullità, non ci sarà possibile trovare e compiere nel Suo Natale, il nostro Natale. (...)

In fondo, trovare il Cristo fasciato dai panni della nascita, significa trovare dentro di noi il bambino che il Padre ha creato; significa, insomma, trovare dentro di noi la possibilità della nostra vera innocenza. (...)
Il Mistero sublime e sublimamente totale del cristianesimo è, appunto, che malgrado il dolore, malgrado la rovina, malgrado la morte (o, anzi, proprio attraverso di loro) tutto vi risulta 'nascita'. (...)
Ecco perchè il cristianesimo è essenzialmente e totalmente speranza."

Era il 20 dicembre 1980, e il settimanale "Il Sabato", pubblicava questo editoriale sul Natale, scritto dal poeta e scrittore Giovanni Testori, un uomo, un artista, di una profondità sconvolgente, che, proprio in quegli anni, riappacificandosi con l'avvenimento cristiano, lo esplicitava nelle sue opere e nei suoi scritti crudi, a volte di una violenza estrema, ma pieni di misericordia per l'uomo immerso nella quotidianità trasgressiva ed emarginata dalla società dei "buoni costumi".
Una condizione, che, però, non abiurava la possibilità di un riscatto ultimo della propria esistenza. 

"C'è chi l'ha definita la più bella canzone di Natale di tutti i tempi.
Potrebbe essere vero, dipende da cosa si intende per Natale, ma anche cosa s'intende della vita intera.
Se la vita è una lotta, una battaglia quotidiana per rimanere a galla davanti alla nostra e altrui meschinità e se il Natale è quel momento in cui appare possibile che un bene trionfi sul male di vivere, allora questa canzone è senz'altro la più bella canzone di Natale mai scritta."

Inizia così un articolo pubblicato nel 2012 dal sito informativo on-line "Il Sussidiario.net" scritto dal grande giornalista musicale Paolo Vites, con a tema la canzone del gruppo folk/punk irlandese The Pogues:
"Fairy tale of New York".
Che così continua:
"E' in questo brano (del 1987) che il genio trasgressivo di Shane McGowan raggiunge il vertice di quanto scritto per il suo gruppo di sempre, i Pogues. (...)
Shane McGowan, un maledetto del rock, (alcolizzato e tossico dipendente n.d.r.), dimostra tutto il suo grande cuore in questa canzone. (...)
In 'Fairy tale ...'  c'è tutta la disperazione straziante di questo artista, unita a una impagabile capacità di guardare oltre, nonostante tutto, come solo gli irlandesi possono avere.
Disperazione e speranza infatti sono nel loro sangue in dosi uguali."

Ma cosa racconta questa canzone 'natalizia' di così sconvolgente?
Ce lo spiega, in maniera magistrale, ancora Paolo Vites:
"Due innamorati, delusi e arrabbiati si trovano a litigare per le strade di New York, mentre un'orchestrina della polizia sta suonando un brano tipico irlandese, come nelle migliori cartoline natalizie.
Ricordano il passato, i sogni ancora interi e le speranze. (...)
Lei sbotta in una irresistibile serie di insulti, a cui lui risponde da pari. (...), terminando con un "buon ultimo Natale, prego Dio sia il nostro ultimo Natale". 
Ma i ricordi sono innegabili: (...)
L'evidenza è innegabile: ci si può fare del male fino quanto si vuole, si può tradire e pretendere la realtà, ma un incontro è un incontro e non lo cancella la nostra miseria.
Tu sei qualcosa di più, tu vali a prescindere da quanto sei uno stronzo.
La melodia che alterna pacatezza e crescendo furioso è irresistibile, esprime la magia di una favola, irlandese, naturalmente, con l'eco di una nostalgia insopprimibile: davvero questa potrebbe essere la più bella canzone di Natale, perchè celebra un nuovo inizio, come dovrebbe essere ogni Natale, e lo fa con una musicalità straordinaria."

E potremmo chiuderla qui ed ascoltare la canzone.
Ma ... proprio quest'anno il brano, che ogni anno è richiestissimo nelle radio inglesi, è oggetto di una curiosa polemica, che rientra nell'orizzonte più ampio della cosiddetta "cancel culture":
la BBC da quest'anno ha deciso di censurare gli insulti dei due protagonisti della canzone e metterà in onda una versione "castigata" del brano. 
Un portavoce della BBC, si è così giustificato:
"Siamo consapevoli che il pubblico giovane è  particolarmente sensibile ai termini dispregiativi per il genere e la sessualità"
Cioè, in soldoni, lasciate che le nuove generazioni vivano nelle loro "bolle" e non si scontrino con la realtà di due persone alla ricerca di una redenzione.

Questa scelta ha avuto la reazione immediata di un altro grande "tribolato" del rock, che però da tempo ha intrapreso la strada di una ricerca interiore, se pur tormentata, Nick Cave.
Il performer australiano ha pubblicato sul suo blog un lunghissimo commento, che così sintetizziamo:
"L'idea che una parola, o un verso, in una canzone possa semplicemente essere cambiata con un'altra per non arrecare danni significativi è una nozione che può essere sostenuta solo da coloro che non sanno nulla della fragile natura del songwriting"
Noi aggiungeremmo, della natura dell'umanità tutta!

Nel 2011, in uno strano cd, Angelo Branduardi, eseguì questa canzone, con la traduzione molto fedele realizzata dalla moglie Luisa Zappa.
Il gentile menestrello non si fece nessun problema a pubblicarla.

LA FIABA DI NEW YORK

"La notte di Natale, con gli ubriachi in cella ...
Quel vecchio, sottovoce, cantava una canzone:
E' il giorno di Natale e tu non ne vedrai altri
La faccia contro il muro, stavo pensando a te.
E' un giorno fortunato, oggi ho pescato l'asso
e adesso me la sento: quest'anno è quello giusto
E allora Buon Natale, ti voglio bene,
saranno veri i sogni che hai sognato tu!

Hanno macchine grandi che grondano oro
a noi il vento che passa ci ghiaccia la faccia ...
Tu mi ha preso la mano in un freddo Natale,
mi hai promesso Broadway, c'era posto per me.
Eri allegro ... eri bella
la regina ... la stella
La  banda suonava e la gente gridava
Sinatra cantava e cantavano tutti ...
Mi hai stretta e nel buio ho ballato con te.
E i ragazzi su nel coro hanno cantato 'Galway Bay'
poi all'alba era Natale anche per noi.

Sei fottuto! Coglione!
Brutta cagna strafatta!
Te ne andrai prima o poi con un buco nel braccio!
Sei un fallito, un perdente,
un patetico frocio!
Buon Natale, fanculo e poi falla finita!
E i ragazzi su nel coro hanno cantato 'Galway Bay'
poi all'alba era Natale anche per noi.

Chissà cosa potevo fare!
Questa è una vecchia storia,
tu mi hai rubato i sogni dal giorno che ti ho visto!
Mi sono stati cari, li ho messi accanto ai miei
Da solo non valgo niente, non riesco più a sognare!
E i ragazzi su nel coro hanno cantato 'Galway Bay'
poi all'alba era Natale anche per noi."






















       

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