L' agnello di Dio - Francesco De Gregori

"C'è solo una possibile risposta a tutta la gente che si lamenta dei miei personaggi 'sgradevoli'.
Uno scrive quello che può.
La vocazione implica l'esperienza del limite, ma solo pochi lo capiscono, se non praticano loro stessi un'arte.

Scrivere racconti è la più impura, la più modesta e la più umana di tutte le arti.
E' la più vicina all'uomo nel suo peccato, nella sua sofferenza, e spesso è rigettata dai cattolici per le stesse ragioni che fanno di essa quello che è.

San Gregorio scrisse che ogni volta che le Sacre Scritture descrivono un fatto, contemporaneamente rivelano un mistero.
Questo è quello che lo scrittore, al suo livello inferiore, spera di fare.
Il pericolo per lo scrittore che è stimolato da una visione religiosa del mondo è che considera queste cose due operazioni distinte invece che una sola.
Egli cercherà di rinchiudere il mistero come in un reliquiario senza il fatto, e da lì seguiranno altre separazioni che sono nemiche dell'arte.
Il giudizio sarà separato dalla vista, la natura dalla grazia, e la ragione dall'immaginazione.

La Grazia, nella sua visione cattolica, può servirsi, e di fatto si serve, anche dell'imperfetto, del semplicemente umano, dell'ipocrita.
Tagliarsi fuori dalla Grazia è una questione di decisione, che richiede una scelta, un atto di volontà, che ha un effetto nella profondità della nostra anima."

Sono brani tratti da lettere scritte alla fine degli anni '50, dalla grande scrittrice cattolica, l'americana Flannery O'Connor.
Caposaldo della letteratura statunitense della prima metà del ventesimo secolo, il suo caso letterario è generato da due particolarità: quella di non omettere nei suoi racconti alcuna censura sulla permanenza del peccato e della violenza fisica, nella ricerca di una redenzione, nei protagonisti delle sue storie, e di affrontare nella sua vita la polemica con gli intellettuali della sua stessa confessione che ne desideravano l'edulcorazione narrativa, e inoltre quella di essere la musa ispiratrice nelle "storytelling" dei più grandi interpreti del rock mondiale, Bruce Springsteen e Nick Cave, su tutti.

"L'artista che elabora molto, che raccoglie una serie di informazioni prima di creare, magari realizzerà un'opera perfetta e anche bella, ma certamente meno aggressiva.
Sento spesso con gli occhi. Mi piacciono le figure e torno sempre alle immagini.
Le mie canzoni sono composte di immagini e l'immagine può essere elementare, ma anche demoniaca, istintiva. (...) L'artista è come uno sciamano, ti mette in comunicazione con qualcosa che non si manifesta sul piano della razionalità (...)
I rapporti che possono intrattenere arte e scienza sono strumentali.
Il mondo scientifico perlustra l'universo e ci ha consentito di conoscerne una parte.
Tutto ciò non ha cancellato il mistero."

L'artista Francesco De Gregori in questo dialogo con Antonio Gnoli nel libro "Passo d'uomo", (Ed. La terza, 2016) sembra porsi le stesse riflessioni di Flannery O'Connor, raccontando la genesi del prodotto della sua creatività: le canzoni.
Anche lui, pur con maggior problematicità personale della cattolica scrittrice, parla di mistero e di rapporto con la realtà:
"Il fatto stesso che io parli di mistero, implica una forma di fede.
Uno scientista si metterebbe a ridere, per lui non esistono 'misteri', meno che mai 'un mistero'.
Però fede è una parola ingombrante che si coniuga con altre esperienze.
Ad esempio con le religioni, e non mi sento in questo senso di possedere una fede.
La fede per me non è una ricerca di certezza, semmai l'accettazione di una mancanza.
Ti dirò di più: se per fede intendi un certo senso della trascendenza, allora sì, sento qualcosa del genere anche se non so bene dove nasca. (...)
L'idea che non tutto in questo mondo sia rivelato e rivelabile ce l'ho ben radicata."

"L'agnello di Dio", pubblicato nel 1996, nell'album "Prendere e lasciare", è un brano del catalogo "degregoriano", in cui il testo, accompagnato da un "riff "decisamente rock, si rifà a quelle figure "sgradevoli" delle quali accenna la O'Connor come esempi obbligatori per raccontare una via di redenzione.
Infatti, questa canzone fu oggetto di una polemica tra De Gregori e addirittura "L'Osservatore Romano" che sentenziò come bastasse "parlare di Dio e di fede religiosa per accedere ai primi posti delle classifiche di vendita".
Questa uscita polemica fu occasione per un incontro televisivo proprio tra De Gregori e il card. Ersilio Tonini, a cui il cantautore domandò: "Può un ateo usare il nome di Dio senza passare per blasfemo?"
Il cardinale rispose: "Le mani che scrivono canzoni sono un dono del Cielo. Posso ringraziare Dio di avere fatto uno come te".
Alla fine i due si abbracciarono commossi.

Recensita, con il solito provincialismo scontatamente tutto rivolto verso il proprio ombelico, come un esempio di religiosità pasoliniana, "L'agnello di Dio", con il suo incedere rock, può essere paragonata ad una canzone del repertorio americano ispirato dai racconti di Flannery O'Connor, in cui il dramma del male umano si apre ad una possibilità di redenzione, di risurrezione.
 
  

       



                      

Commenti

I più letti

La costruzione di un amore - Ivano Fossati

Il Carmelo di Echt - Giuni Russo

Alessandro - Enrico Ruggeri