Il povero Cristo - Vinicio Capossela

"Quante domande ci si impongono in questo luogo!
Sempre di nuovo emerge la domanda: Dove era Dio in quei giorni?
Perchè ha taciuto? 
Come potè tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male?
Ci vengono in mente le parole del Salmo 44, il lamento dell'Israele sofferente:
'Tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose ...
Per te siamo messi a morte, stivati come pecore da macello.
Svégliati, perché dormi Signore?
Déstati, non ci respingere per sempre!
Perché nascondi il tuo volto,  dimentichi la nostra miseria e oppressione? (...)
Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia!' (...)

Noi non possiamo scrutare il segreto di Dio - vediamo soltanto frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio e della Storia.
Non difenderemmo, in tal caso l'uomo, ma contribuiremmo solo alla sua distruzione.
No - in definitiva - dobbiamo rimanere con l'umile ma insistente grido verso Dio:
'Svégliati! Non dimenticare la tua creatura, l'uomo!
E il nostro grido verso Dio deve al contempo essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio - affinché quel suo potere che Egli ha depositato nei nostri cuori non venga coperto e soffocato in noi dal fango dell'egoismo, della paura degli uomini, dell'indifferenza e dell'opportunismo. (...)

Nel suo viaggio apostolico in Polonia, il 28 maggio 2006, il Santo Padre Benedetto XVI, durante la visita al campo di concentramento di Auschwitz - Birkenau, così pregò per le vittime della follia nazista.
Lo ritroveremo più avanti ... 

"Il povero Cristo' è un apologo sul povero uomo che non sa farsi Cristo e non conquista la possibilità di amare nessuno al di là di se stesso.
E' soprattutto un brano sulla condizione umana in cui ho giocato sull'immagine della divinità che si fa uomo: il Cristo che scende dalla croce, che incontra l'uomo e che scopre quanto abbia sopravvalutato la sua capacità di redenzione, è forse ancora più disperato e solo, di chi considera un comandamento elementare come 'ama il prossimo tuo come te stesso', inapplicabile.
La natura umana è egoista, gretta, predatoria, incline al tradimento.
L'immolarsi di Cristo mi commuove sempre.
E' invisibile. Come Salvatore, che sta sotto la mia strada, urla tutto il male che il mondo gli ha fatto ed è completamente inascoltato."

Vinicio Capossela, girovago della musica, e anche nella vita, per storia familiare: i suoi genitori emigrano dall'Irpinia nella tedesca Hannover dove nasce nel 1965.
Ci sta pochissimo, ritorna in Italia da ragazzino e cresce in Emilia Romagna.
Comincia a suonare nelle balere, ma i suoi punti di riferimento sono Luigi Tenco, Tom Waits e Fabrizio De André.
All'inizio degli anni '90 incontra Francesco Guccini, che lo introduce nel mondo discografico.
Personaggio enigmatico, non solo polistrumentista, un pò antropologo, un pò filosofo, sempre più si contraddistingue per una produzione legata al mondo della musica contadina, contaminata da swing, mambo, tango e twist, marce e ballate, in un coacervo di miti e riscoperte di superstizioni ed echi religiosi.
La sua voce sghemba ed esile viene sorretta da composizioni a cavallo tra un Branduardi arcaico e il De André della musica etnica dialettale tra Genova e la Sardegna.
Nel panorama della canzone italiana Capossela resta un 'unicum' e capita spesso che i suoi testi tocchino con sensibilità il rapporto uomo / Dio.

"Non sono un credente, non sono sorretto dalla Fede, ma sono sensibile al sacro, alla ritualità e leggo con attenzione la Scritture.
La religione ci offre delle chiavi di comprensione più dell'uomo che di Dio.
D'altronde Dio stesso si è fatto uomo."
(intervista al "Corriere della Sera")

Alla domanda sul testo molto pessimista de "Il povero Cristo" rivoltagli da Angela Calvini sulle pagine di "Avvenire", in occasione della pubblicazione del brano, nel 2019, Capossela risponde così:
"Racconto l'impossibile realizzazione della buona novella in un mondo dove l'uomo sembra incapace di seguire il comandamento di Cristo, quello fondamentale e il più semplice: ama il prossimo tuo come te stesso. Il Vangelo è una storia di straordinaria umanità.
Il Cristo si fa uomo portando la vera croce che è vivere amando la vita sapendo di morire.
Il povero Cristo è anche colui che ci passa accanto e che non vediamo."

Il racconto musicale, una ballata acustica dall'atmosfera dolente che sembra uscita dal repertorio del primo De André, spiega che Cristo scende dalla croce per portare a sé l'uomo e dopo essere stato rifiutato e umiliato, ritorna in croce e si zittisce:
"Una veste di silenzio
si è cucito addosso.
Il povero Cristo tace,
grida all'uomo a più non posso."

Cristo, dunque è un perdente?
Ascoltiamo Benedetto XVI:
"Noi gridiamo verso Dio, affinché spinga gli uomini a ravvedersi, così che riconoscano che la violenza non crea la pace, ma solo suscita altra violenza - una spirale di distruzioni, in cui tutti in fin dei conti possono essere soltanto perdenti.
Il Dio nel quale noi crediamo, è un Dio della ragione - di una ragione però che certamente non è neutrale matematica dell'universo, ma che è una cosa sola con l'amore, col bene.
Noi preghiamo Dio e gridiamo verso gli uomini, affinché questa ragione, la ragione dell'amore e del riconoscimento, della forza della riconciliazione e della pace prevalga sulle minacce circostanti dell'irrazionalità o di una ragione falsa, staccata da Dio."




Commenti

I più letti

La costruzione di un amore - Ivano Fossati

Il Carmelo di Echt - Giuni Russo

Alessandro - Enrico Ruggeri