La storia - Francesco De Gregori

da "Fratelli tutti" Lettera enciclica di papa Francesco
(Libreria Editrice Vaticana, 2020)

"In questo mondo che corre senza una rotta comune, si respira un'atmosfera in cui 'la distanza fra l'ossessione per il proprio benessere e la felicità dell'umanità condivisa sembra allargarsi: sino a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma. (...)
Perchè una cosa è sentirsi costretti a vivere insieme, altra cosa è apprezzare la ricchezza e la bellezza dei semi di vita comune che devono essere cercati e coltivati insieme. (...)
Come sarebbe bello se, mentre scopriamo nuovi pianeti lontani, riscoprissimo i bisogni del fratello e della sorella che mi orbitano attorno! (...)
L'individualismo non ci rende più liberi, più uguali, più fratelli.
La mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l'umanità. Neppure può preservarci da tanti mali che diventano sempre più globali.
Ma l'individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere.
Inganna.
Ci fa credere che tutto consista nel dare briglia sciolta alle proprie ambizioni, come se accumulando ambizioni e sicurezze individuali potessimo costruire il bene comune. (...)
Solidarietà è una parola che non sempre piace: direi che alcune volte l'abbiamo trasformata in una cattiva parola, non si può dire; ma è una parola che esprime molto più che alcuni sporadici atti di generosità.
E' pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull'appropriazione dei beni da parte di alcuni.
E' anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. (...)
La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia, ed è questo che fanno i movimenti popolari"

Sono, questi, alcuni brani estrapolati dalla lunga e complessa lettera enciclica "Fratelli tutti" di papa Francesco.
Una enciclica che gli esperti usano definire 'sociale', cosa non inedita nella storia dei pontificati cattolici. Ricordiamo la "Rerum novarum" di Leone XIII agli albori dell'età industriale, quando il movimento marxista cominciava ad attecchire nelle classi operaie.
Esempi di encicliche sociali sono la "Populorum progressio" di Paolo VI, poco prima dei moti sessantottini e la produzione cospicua da parte di Giovanni Paolo II, una specie di aggiornamenti delle precedenti encicliche, in vista delle sfide del nuovo millennio : "Centesimus annus" (1981), "Sollicitudo rei socialis" (1987), "Laborem exercens"

"Una mattina, uscendo di casa, ho visto che il marciapiede era pieno di siringhe, ho pensato: non mi riguarda finchè mio figlio non si punge lì, giocando.
Così è nata "La storia", pensando che non siamo noi a fare la storia è lei che fa noi, che ci toglie la sedia da sotto il culo, brucia le nostre stanze, ci dà ogni giorno torto o ragione"
Così racconta Francesco De Gregori al giornalista Vincenzo Mollica, la genesi del suo famoso brano.
Una canzone, del 1985, con la quale negli anni il cantautore romano ha avuto un rapporto problematico.
All'inizio ritenuto dalla critica una specie di manifesto dell'ideologia marxista e materialista, ma, proprio attraverso le riflessioni dell'autore un inno decisamente più "universale":

"Ci sono versi che hanno l'olezzo del gentismo, che parlano della gente a sproposito.
La mitologia della gente, oggi come oggi, viene accostata ad una lettura populista della vita, dell'Italia e della realtà che non mi appartiene" ammonisce De Gregori trent'anni dopo.
"Confesso che la trovo oggi una canzone leggermente enfatica.
E' venuta così. Il titolo suona bene perchè preceduta da frasi analoghe: 'La rivoluzione siamo noi' eccetera.
La storia siamo noi mi fa pensare che la storia appartenga a tutti.
Allora che cos'è questo 'noi'? Credo sia la chiamata di responsabilità.
Se c'è un filo che ho seguito in questa canzone è quello della responsabilità collettiva e non solo di coloro che comandano.
Tutti noi, anche in modo inconsapevole, ci siamo dentro: perciò nessuno si senta escluso. (...)
Quelli di sinistra hanno pensato che alludessi alla loro parte, per questo a mò di contrappeso, ho aggiunto ' nessuno si senta escluso'." (da "A passo d'uomo", Editori Laterza, 2016)

"Chiedermi oggi se la riscriverei non ha molto senso, forse la risposta sarebbe no.
Mi sembra che oggi molta gente si faccia coinvolgere più dai reality che dalla realtà. (...)
Non puoi nasconderti da quello che ti sta succedendo intorno, non puoi dire 'io non mi interesso'"
(intervista a cura di Paolo Vites, in appendice alla collana di cd "Contemporanea", in allegato al Corriere della Sera, nel 2009)
Tutte riflessioni che testimoniano la serietà di De Gregori, unita al rispetto per il pubblico che fruisce della sua creazione artistica. 
A "La Repubblica" nel settembre 2020, afferma:
"La storia è comunque sempre in crisi con se stessa. (...)
Forse nella canzone c'è anche un pò di questo smarrimento che però si risolve nell'immagine finale del 'piatto di grano' che allude alla rigenerazione di quello che siamo: delle nostre idee, delle nostre capacità critiche, anche dei nostri corpi"

Nel 1988, al settimanale "Il Sabato", rilascia questa dichiarazione:
"Avevo letto delle condizioni in cui vivevano degli anziani a Roma, totalmente abbandonati all'ultimo piano di casermoni in rovina. Erano assistiti, ma direi meglio 'salvati' da ragazzi di CL. (...)
Ero e sono vicino al PCI, (...) però forse un impegno politico, sociale e religioso anche esageratamente idealista è cento volte preferibile alla stupida abulia della società del benessere.
Almeno manifesta la coscienza che nulla garantisce di fronte all'insufficienza organica dello Stato, se non una risposta umana a una necessità umana"

E così ritorniamo a papa Francesco:
"La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia, ed è questo che fanno i movimenti popolari"

"La storia" è uno dei tanti brani dell' inesauribile "song book" di De Gregori che affondano lucidamente nella realtà umana e che ne intuisce una irriducibilità oltre la materia.
Parole sostenute da una capacità creativa musicale, mai banalmente popolare.




    


  

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