Futura - Lucio Dalla

"Non è vero che il futuro è, per definizione, un tempo positivo.
Il futuro è positivo se ci si attiva, non certamente per il fatto che sia futuro, automaticamente è un rimedio ai mali del passato.
Io sono d'accordo con Pasolini quando disse che aveva tolto la parola speranza dal suo vocabolario.
Ogni volta che sento politici che dicono 'speriamo, auguriamoci, auspichiamo' penso che siano tutte parole della passività: stiamo fermi e aspettiamo e vediamo cosa succede.
Non succede niente se non ci diamo da fare.
Questo i giovani lo hanno perfettamente capito, almeno la maggioranza.
Non tutti.
Esiste un piccolo settore di giovani che io chiamo i 'nichilisti attivi', che non nega di muoversi in un'epoca nichilista, non rinnega il nichilismo.
Nichilismo vuol dire, secondo Nietzsche, che manca lo scopo, che il futuro non è più una promessa.
Manca la risposta al perchè dell'esistenza.
Perchè mi devo impegnare, perchè mi devo dare da fare.
Il futuro non è più una promessa.
C'è un pezzo di mondo giovanile che vive in una sorta di rassegnazione: non c'è più niente da fare e quindi cosa faccio? (...)
Io non guardo avanti perchè il futuro mi angoscia, non mi appare come una promessa ma come una minaccia. Quantomeno come imprevedibile e foriero di ansia.
Perciò vivo l'assoluto presente"

Questo è un brano estrapolato da un colloquio, tema la situazione sociale ed esistenziale ai tempi del coronavirus, pubblicato sul 'Corriere della Sera' del 17 Novembre 2020, tra Walter Veltroni e Umberto Galimberti.
E le riflessioni che abbiamo evidenziato sono, appunto, del filosofo e psicoanalista.
Riflessioni serie, su una situazione reale, che preoccupa lo stesso Galimberti, che hanno però il piccolo difetto di bypassare, snobbandola, la fonte stessa del nichilismo denunciato, cioè la perdita di senso della propria vita e della paura del futuro, la dimenticanza dell'avvenimento cristiano

"Io racconto storie, voglio comunicare, non faccio poesia."
"Scrivo quello che sente la gente. Parlo con il loro linguaggio. Non faccio liriche, non scrivo poesie.
Quello che dicono le mie canzoni potrebbe dirlo anche mia zia"
Sono alcune frasi di Lucio Dalla degli anni '90, tratte da un'intervista al 'L'Unità' e dalla biografia realizzata dall'amico e paroliere Gianfranco Baldazzi.

Ma da dove arrivava questa lucida e nello stesso tempo umile rappresentazione della sua arte di musicista e autore di testi?
Ce lo spiega lui stesso:
"Dio esiste? Assolutamente sì. Anzi questa è una delle poche certezze che non ho mai messo in discussione, nè ho mai provato imbarazzo a parlarne in pubblico anche quando era di moda essere atei a tutti i costi.
Ma a proposito del mio modo di credere in Dio, mia madre mi insegnò qualcosa di molto importante: che si deve essere religiosi ma non fino al punto di rinunciare alla propria indipendenza.
E di riflesso mi insegnò la bellezza, la meraviglia del perdono: solo perdonandoci siamo in grado di valutare per primi l'entità dei nostri misfatti, e provarne pietà, tenerezza e anche rimorso"
(da un' intervista sull' Europeo del 1982)
"Credo in Dio come nell'arte, nel mare, nella vita. Credo in Dio perchè è il mio Dio.
Mi ha sempre colpito la decisione di Cristo di nascere povero.
Lui, povero, è il futuro.
Nel mio piccolo, credo con tutte le mie forze in Dio, quanto posso ... nelle mie canzoni ci sono molti valori cristiani."

"Futura" fa parte dell'album che conclude una importante trilogia nella carriera del cantautore bolognese.
Dopo gli inizi, a cavallo tra gli anni '60 e '70, culminati con il grande successo popolare di "4/3/1943",
a cui fa seguito il periodo della canzone "civile", della collaborazione con il poeta Roberto Roversi, con il rischio di essere "etichettato" politicamente, nella seconda metà del decennio Dalla decide di mettersi in proprio e sforna tre lavori discografici che lo catapultano definitivamente nella schiera dei più grandi autori della musica pop italiana:
"Come è profondo il mare" (1977), "Lucio Dalla" (1979), "Dalla" (1980)

Nel frattempo, con la tournee' "Banana Republic", insieme a Francesco De Gregori, diventa il simbolo della riapertura ai grandi spazi dei concerti rock, dopo la disgraziata stagione delle proteste e delle violenze dell'Autonomia operaia e dei processi in piazza a favore delle autoriduzioni proletarie al prezzo dei biglietti
"Futura nacque come una sceneggiatura, poi divenuta canzone.
la scrissi una volta che andai a Berlino, negli anni della Guerra Fredda e quando giravo tra una città e l'altra vedevo camion che trasportavano soldati, come se fossimo veramente in guerra, altro che fredda: bollente! Sfilate di camion con missili, le sfilate dell'orrore!
Non c'è una cosa più schifosa della guerra!
Non avevo mai visto il Muro e mi feci portare da un taxi al Checkpoint Charlie, punto di passaggio tra Berlino Est e Berlino Ovest.
Mi sedetti su una panchina e mi accesi una sigaretta.
In quella mezz'ora scrissi il testo di Futura, la storia di questi due amanti, uno di Berlino Est, l'altro di Berlino Ovest, che progettano d fare una figlia che si chiamerà Futura"
Insomma, un inno ad un futuro "buono", basato su una certezza esistenziale, che tanto manca all'uomo d'oggi e alle analisi sociologiche di Umberto Galimberti

E in un libro pubblicato nel 2021 da Il Saggiatore dal titolo "E ricomincia il canto", a cura di Jacopo Tomatis che raccoglie moltissime interviste rilasciate dal cantautore bolognese durante la sua carriera, troviamo una bella risposta data a Ennio Cavalli su Playmen, il 12 Dicembre 1983:
"Chissà chissà domani ... perché sai che domani non sarà così. Non potrai contare le onde del mare, perché il mare sarà di merda, e sarà difficile alzare la testa perché ogni giorno sembra che ci si chiudano le porte in faccia e siamo meno liberi. Però invece di dire 'dove andremo a finire?' con senso di allarme, che non è nella mia indole, invece di dire che sarà tutto bello, invece di dire che sarà tutto bello, per cui sarei stupido, dico: 'Bé, bisogna fare qualcosa per migliorare'.
E, secondo me, in un momento come questo, la cosa è non avere paura del futuro, comunque sia.
E fare quelle operazioni che sono di grande coraggio, come mettere al mondo un figlio."
E, lapidariamente, conclude:
"C'è chi vorrebbe la pena di morte, chi propone l'aborto quasi come regola di principio.
Due cose orrende, molto simili tra loro."  






    
       

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