Bravi ragazzi - Edoardo Bennato

"A Milano hanno chiuso le scuole, le università, i musei, le palestre.
Sul telefono mi arrivano foto di desolazione nelle strade del centro: Ferragosto il due di marzo.
(...) Dappertutto si avverte che qualcosa sta cambiando.
Il contagio ha già compromesso i nostri legami.
E ha portato molta solitudine: la solitudine di chi è ricoverato in terapia intensiva e comunica con altri attraverso il vetro, ma anche una solitudine diversa, diffusa, quella delle bocche serrate nella mascherine, degli sguardi sospettosi, del dover restare a casa.
Nel contagio siamo tutti liberi e agli arresti domiciliari. (...)
A nessuno piace essere tagliato fuori. E sapere che la nostra separazione dal mondo è transitoria non basta a cancellare la sofferenza.
Abbiamo bisogno disperato di essere con gli altri, tra gli altri (...)
E' un'esigenza costante che assomiglia al respiro.
Quindi abbiamo un moto di ribellione: non mi lascerò determinare, non permetterò a nessun virus d'interrompere la mia socialità."

Sono pensieri scritti da Paolo Giordano, dottore in Fisica e romanziere di successo, e raccolti nel suo piccolo saggio "Nel contagio" (Giulio Einaudi Editore, 2020)
Riflessioni nate durante la cosiddetta "prima ondata" della pandemia del Covid-19, che raggiunse l'Italia e poi l'Europa intera, nei primi mesi del 2020 e quindi ancora inconsapevoli e ignare del suo sviluppo nel corso dell'intero anno.
Riflessioni che però centravano il disorientamento e il disagio psichico e il dramma sanitario che si è dovuto affrontare. 

1973:
Coprifuoco.
"Il nuovo termine entrato nel lessico comune, per via della crisi petrolifera, è 'austerity'.
Da domenica 2 Dicembre viene imposto il divieto assoluto di circolazione dei mezzi privati (...)
Le trasmissioni televisive della Rai terminano alle 22,45. I cinema chiudono alle 22. (...)
'Bravi ragazzi' racconta l'Italia in crisi degli anni '70 e l'impotenza dei nostri governanti.
Il pezzo è un gioiello sia come è suonato, sia per il testo e per il modo in cui Edoardo Bennato lo espone tra il cantato e il recitato, ridicolizzando la drammatica situazione (...)
Qui non c'è rabbia, ma cabaret.
La presa in giro di Edoardo non fa sconti: quando imita il 'bla bla' dei politici in televisione, che sanno solo dire 'su fate i bravi ragazzi, vedrete che poi sistemeremo tutto'. (...)
Bennato la suonerà spesso dal vivo, all'inizio, ma poi la trascurerà, forse perchè troppo legata ad un determinato periodo storico"
Pubblicata nel 2001, nella sua ottima biografia di Edoardo Bennato, ("Venderò la mia rabbia", Arcana Edizioni, 2011) Francesco Donadio non poteva immaginare che questo geniale brano del bluesman napoletano potesse essere così calzante (ed in qualche modo profetico) anche per il periodo storico della pandemia.
Ed è lo stesso Bennato ad accorgersi, tanto da riproporlo nella tracklist del suo cd, "Non c'è", messo a disposizione al pubblico nel novembre del 2020.
Come scritto in altri post di questa "stanza" la vena corrosiva e pungente, diretta discendente della cultura anarchica di Bennato, che lo accompagna fin dall'inizio della sua carriera, gli ha dato modo di raccontare la realtà circostante spesso con sana ironia, disincanto, e, perchè no?, con una buona dose profetica.
Infatti in questo brano troviamo, incredibilmente, tutti i meccanismi di spaesamento personali e sociali rilevati in questa emergenza sanitaria: il lockdown della prima fase, il coprifuoco della seconda, il protagonismo degli "esperti" sui media, specialmente in tivù. 
Proprio l'album del 1973 "I buoni e i cattivi" , che contiene "Bravi ragazzi", presenta una serie di titoli
che possono benissimo rappresentare e denunciare "tic" politici e sociali ancora attualmente in voga:
"Salviamo il salvabile", "La bandiera", "Arrivano i buoni", potrebbero essere ancora cantate come satira musicale per commentare l'attualità.
Poi, il fatto che Bennato, da almeno un quarto di secolo, non si sia ripetuto a questi livelli espressivi e che, inspiegabilmente sia caduto nel cono d'ombra di una promozione discografica che usa portare in palmo di mano cosiddetti "fenomeni" senza arte nè parte, è un discorso molto lungo e forse, noioso.

Sentiamo il Bennato di quegli anni raccontare la sua esperienza artistica:
"Le mie canzoni sono critica, non attacchi.
Non mi piace attaccare crudelmente nessuno, perchè, chi sono io per farlo?
In ogni persona c'è una parte buona e una cattiva, per cui come faccio a essere sicuro in assoluto delle mie buone intenzioni?
Preferisco allora criticare usando l'ironia disincantata della tradizione popolare" 
Che poi non è tanto diverso da quello di oggi:
"Fin dal primo 'I buoni e i cattivi' ironizzavo fin da allora sul mio ruolo di cantautore, di saltimbanco da strapazzo che completava l'altro ruolo di architetto e urbanista.
Le canzonette nascono sempre da questo, quando preparo un album mi pongo come obiettivo di dare emozioni e buone vibrazioni agli altri, non certo fare lezioni di geopolitica.
Ciò non toglie che queste siano canzoni etiche, morali, politiche o pseudopolitiche.
In ogni canzonetta, parlo di problemi che riguardano noi, umani, su questo pianeta."




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