L' illogica allegria - Giorgio Gaber

"Ma che cosa ci fa essere? Essere ora, in questa situazione storica in cui ci troviamo a vivere?
Niente, niente può impedire di rifare nella vita la stessa esperienza che racconta Giorgio Gaber nella canzone 'L'illogica allegria'.
Posso essere 'da solo', in qualsiasi posto, 'lungo l'autostrada', a qualsiasi ora, 'alle prime luci del mattino', addirittura sapendo che 'tutto va in rovina', ma 'mi può bastare un niente/ forse un piccolo bagliore / un'aria già vissuta / un paesaggio (...) // E sto bene'.
Basta che la realtà, qualsiasi frammento di realtà, quasi un niente, entri nell'orizzonte del nostro io attraverso una circostanza qualsiasi, per risvegliarlo e rendere possibile l'esperienza di questo bene.
Un bene così sorprendente che sembra quasi un sogno, che quasi mi viene vergogna.
Ma un'evidenza s'impone: non posso negare che 'io sto bene / proprio ora, proprio qui / non è mica colpa mia / se mi capita così'.
E' come se la realtà, un istante prima che possiamo difenderci da essa, riuscisse a penetrare nell'io per renderlo se stesso, 'proprio ora, proprio qui'.
E mi trovo addosso una 'illogica allegria'. Infatti sembra totalmente sproporzionato che 'un niente / forse un piccolo bagliore / un'aria già vissuta', possa portare alla vita questa allegria.
'Un'illogica allegria / di cui non so il motivo / non so cosa sia', tanto è reale e allo stesso tempo misteriosa.
Perché se non fosse reale, non potrebbe succedere quello che Gaber dice dopo:
'E' come se improvvisamente / mi fossi preso il diritto / di vivere il presente'.
Qualcosa entra nella vita e mi rende presente al presente, 'proprio ora, proprio qui'.
Un niente che mi prende così tanto da rendermi presente a me stesso.
Io sono tutto unito, presente, quando tu ci sei.
E' difficile trovare una canzone che esprima meglio il senso del capitolo decimo de 'Il senso religioso'.
L'io accorgendosi della presenza inesorabile della realtà 'risvegliato nel suo essere', dice don Giussani,
'dalla presenza, dalla attrattiva e dallo stupore (per la realtà), (...) è reso grato, lieto'
(Il senso religioso, Rizzoli, 2010) e sta bene.
Chi non desidererebbe questo ogni mattina, ogni istante del vivere? (...)
Una presenza che mi fa essere. (...)
Che sia l'essenziale lo si vede, perché mi fa talmente essere che, quando manca, non sono, non sono proprio! Appena compare, sono, e sono contento, sperimento una 'illogica allegria', proprio ora, proprio qui', che mi rende capace di vivere il presente'".

E' un'appassionata introduzione di Julian Carron, davanti a migliaia di appartenenti al movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione, il 27 Settembre del 2014 al Forum di Assago, alle porte di Milano, (testo integrale pubblicato dal mensile Tracce, ottobre 2014) in cui il sacerdote spagnolo coglie il senso di uno dei brani più intensi della produzione teatrale di Gaber e Luporini.
Uno splendido esempio di come trarre il positivo e una profonda riflessione sulla realtà umana, da una espressione artistica e popolare, spesso considerata "superflua" come "la canzone".
Riflessione certo aiutata da un ennesimo capolavoro della coppia Gaber / Luporini, che per decenni sui palchi dei teatri italiani, ha raccontato e cantato la realtà politica e culturale con uno "struggimento" e un senso un'ironia insuperabili, alla fine con uno sguardo, una sorta di "misericordia laica" che nessun altro artista italiano ha mai eguagliato.

"Quando qualcosa finisce si corre il rischio di pensare che tutto sia finito. Ma non è così.
Chi può dire cosa accadrà dopo?
Le capacità dell'uomo e, ovviamente, il caro vecchio caso sono imprevedibili.
A volte ci vengono in soccorso grandi avvenimenti. Altre volte, invece, bisogna saper ripartire dalle piccole cose, guardare gli attimi del presente con occhi nuovi, ridargli un senso; o meglio lasciarsi conquistare dal senso.
Anche in quegli anni di grande confusione e smarrimento, poteva capitare di trovare qualche istante che, in modo del tutto irrazionale, era ancora capace di trascinarci in una felicità senza spiegazione, noncurante della decadenza tutt'intorno.
Ci sono dei momenti in cui il tempo sembra fermarsi e da dietro l'apparenza delle immagini più abituali ecco spuntare uno strano lampo che d'un tratto illumina l'esistenza.
Quelle apparenze si rivelano di colpo come più di se stesse e tutto ciò che dobbiamo fare è abbandonarci al senso della loro rivelazione.
'L'illogica allegria' è il tentativo di raccontare questa strana 'metafisica del quotidiano'"
E' un vecchio anarchico toscano che sta spiegando questa canzone (la citazione è tratta dal libro "G. Vi racconto Gaber"  Mondadori, 2013)
E' colui che ne ha scritto il testo. Si chiama Sandro Luporini, inventore insieme a Giorgio Gaber, di quella novità culturale che fu, per decenni, "Il teatro-canzone".
"L'illogica allegria" fa parte dell'intero spettacolo dal titolo "Anni affollati", andato in scena nella stagione 1980 /81.
Anarchico, si, ma con una coscienza e una umanità, per cui le sue considerazioni, pur partendo da una appartenenza culturale ben diversa, sono (quasi) sovrapponibili a quelle del sacerdote cattolico.
E, per concludere, diamo la parola a Giorgio Gaber
Anno 1998:
"Il modo di vivere delle persone - lo star bene, l'ammalarsi - dipende molto dalla sfera affettiva.
Alla fine del giorno, quando spegniamo la l'abatjour prima di addormentarci, abbiamo questo sentimento profondamente dentro.
Anche se distratti da una giornata molto intensa, ci rimane il senso della sicurezza di esistere, perché qualcuno desidera che noi ci siamo.
Ecco, se nessuno desidera che noi ci siamo, allora ci si ammala: non si può vivere senza essere amati"





Commenti

I più letti

La costruzione di un amore - Ivano Fossati

Il Carmelo di Echt - Giuni Russo

Alessandro - Enrico Ruggeri