La libertà - Giorgio Gaber

da "Tracce", Ottobre 2001

"In queste settimane che scorrono coperte dal pumbleo sentimento della guerra (l'attacco terroristico alle Torri Gemelle di New York  n.d.r) (...) Oriana Fallaci abborda la faccenda (...) quando insiste sul fatto che lei è stata 'educata nel concetto di libertà'.
Da dove sorge, da dove può risorgere e dunque crescere, promuoversi, difendersi, un concetto di libertà? E dove oggi si può essere educati alla libertà?
Che cosa è davvero questa libertà? Bastano forse le Istituzioni per educare ad essa?
Basta avere la possibilità di fare quel che si vuole per sapere cosa sia, per venire educati alla libertà?
(...)
Nella tradizione giudaica e nella storia cristiana si è costituito il valore assoluto della singola esistenza, la sua libertà irriducibile.
L'Infinito è entrato in 'rapporto' con l'esistenza anche la più derelitta.
Ha svelato alla persona, a ogni genere di persona (fortunata o no, intelligente o no, sana o no) il fondamento della sua libertà: l'essere amata da Dio, di rapporto con Lui, perciò inattaccabile.
Un uomo che concepisce sé e i suoi simili come fatti dal rapporto con l'Infinito è richiamato a trattare sé e gli altri con uno sguardo particolare, riconoscendo un alto valore in gioco.

Da questa concezione dell'io nasce una società attenta al valore della persona, alla sua difesa e al suo sviluppo; nasce una società dove protagonista è l'uomo con i suoi desideri, realista sui propri limiti.
Diversamente, s'impone una realtà in cui la vita materiale, civile e istituzionale non sono commisurate alla persona come 'fatta' dal rapporto con l'Infinito; dove la libertà e l'esistenza stessa non hanno valore e sono, dunque, strumentalizzabili, fino all'estremo disegno di potenza."

Erano passati solo pochi giorni dalla strage terroristica, nel cuore dell'America, del 9 Settembre e nell'editoriale del mensile "Tracce", pubblicazione ufficiale del movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione, con forza, si poneva l'accento del significato di libertà, declinato attraverso l'esperienza dell'avvenimento cristiano.
Sono passati decenni, e il concetto di libertà è ancora tirato per la giacchetta a destra e a manca, anche in merito all'inedito dramma sociale vissuto nella pandemia di Covid-19.
Un accadimento, che per la sua unicità e imprevedibilità ha messo in crisi la categoria di "libertà" che le società democratiche vivevano ormai in maniera stancamente scontata.
Mi sento di confermare, comunque, l'attualità dell'editoriale proposto dove si afferma che:
"basta avere la possibilità di fare quel che si vuole, per venire educati alla libertà" e non invece concepire "sé e i suoi simili come fatti dal rapporto con l'Infinito" per essere richiamati "a trattare sé e gli altri (...) riconoscendo un alto valore in gioco?"
Ecco il grande dilemma tra libertà individuali e libertà sociali, alla ricerca perenne dell'equilibrio tra le due istanze.

"Parlare de "La libertà"? (anno di pubblicazione 1972  n.d.r.)
Sapevo che arrivava la domanda su questa canzone. E va bene, anche se io non avrei nessuna voglia di farlo: questo pezzo ha creato a me e a Giorgio un pò di disagio e a volte persino imbarazzo.
C'è stato un momento in cui eravamo nauseati da questa canzone.
Non tanto per i contenuti, quanto per l'uso che, indipendentemente dalla nostra volontà, ne era stato fatto. (...) Il verso 'libertà è partecipazione', che come sintesi è efficacissima, aveva subìto una sempre più grave distorsione rispetto alle nostre intenzioni originali."

E' Sandro Luporini, geniale ideatore, insieme a Gaber del "Teatro canzone", che parla, nel fondamentale libro che racconta la sua storia artistica e umana insieme al cantautore milanese, "G. Vi racconto Gaber" (Mondadori, 2013).
Continua Luporini:
"Capita di frequente che di alcuni termini si perda il significato originale e che la parola pian piano assuma un'altra sfumatura (...)
Deve essere successo così anche con la parola 'partecipazione', il cui significato per me si avvicina molto a quello dell'espressione latina "habere cum alio", che io trovo bellissima.
In poche parole, "avere con altri", inteso come 'condividere', 'essere parte di un valore etico comune'".

E Gaber? Eccolo:
"La libertà è una ridicola religione moderna. Se si leggesse meno e si guardasse di più, uno si accorgerebbe che nell'era del trans-democratico, un uomo 'libero' è un uomo che opìna.
Opìna sempre e non pensa mai. Praticamente un cretino.
Io non sono un uomo libero. Sono uno spirito libero.
Per conservare questo mio spirito è ovvio che ho bisogno di catene." (1997)

"Su 'Repubblica' hanno titolato 'Gaber: elogio dei dittatori?'. Vuol dire proprio non capire.
Libertà è una parola estremamente generica su cui la classe politica si trova sempre d'accordo.
Ma 'quale' libertà? 'Quando' libertà?
C'è una sorta di accordo generale che impedisce di andare a fondo sul vero significato di questa parola.
Io ritengo che la vera libertà comporti un contenimento dei limiti di ogni persona.
Potrebbe sembrare un significato riduttivo, ma è sicuramente il più concreto.
In nome della libertà e della democrazia, valori a cui si attribuisce un senso quasi mistico e intoccabile, si commettono veri e propri delitti, forse più gravi delle intenzioni di chi li ha perpetrati. (1998)

Chissà oggi, nel 2021, il sempre acuto e sorprendentemente attualissimo Giorgio Gaber, come spiegherebbe il suo concetto di libertà.
 




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