Brothers in arms - Mark Knopfler

"Il lettore non si stupisca, perché la vita è bizzarra e complicata. E la mia vita ha compreso anche un'esperienza militare, lunga, ma alla fine indimenticabile. (...)
Il problema del "saper arrendersi" mi torna in mente in questi giorni perché ho appena visto il video di un carro armato russo che si arrende ai soldati ucraini, e come fa?
Tecnicamente, è un'assurdità (...)
Ad un certo punto sulla bocca del cannone appare un lenzuolo bianco, segno di resa: 7-8 soldati avanzano da tutt'intorno col fucile spianato, due carristi escono dalla torretta con le mani in alto, (...) si inginocchiano, si sdraiano, si lasciano perquisire (...)
Quel lenzuolo sulla bocca del cannone (...) lo avevano da prima. Son partiti con quel lenzuolo.
La resa non è l'atto finale, è l'atto iniziale di questo scontro.
Ci si arrende quando si ha nel cervello l'idea della resa, e nient'altro che quella.
O forse l'idea di non uccidere e di non essere uccisi."
da "Quella resa che non è la fine ma inizio (tre russi e un tank lo spiegano)
      di Ferdinando Camon  "Avvenire",  martedì 11 Ottobre 2022 

"(...) ho corretto la visione secondo cui la 'Violenza' ha in sé stessa qualcosa di sublime, di palingenetico, di superiore a tutte le restanti attività umane. La violenza intesa come il voler ammazzare a tutti i costi il tuo avversario politico. (...)
La violenza dei terroristi, figuriamoci. Ma anche la violenza di due eserciti che si affrontano in una sfida dove non ci sono più sfumature, dove tutto sta a chi ammazza l'altro per primo, dove non c'è il minimo spazio per fronti dell'avversario che si è arreso.
Quella da cui ero stato affascinato quando avevo visto "La grande illusione", il film di Jean Renoir del 1937 in cu duettano cavallerescamente l'ufficiale francese (...) e l'ufficiale tedesco (...)
Ne sto parlando dopo aver letto (...) che dei soldati ucraini, caduti prigionieri dei russi sono stati prima torturati e poi uccisi da soldati russi che hanno filmato con i loro telefonini quelle immagini per poi mandarle alle mogli delle vittime. (...)
Ovvio che in questa guerra le ragioni e  torti non sono egualmente distribuiti tra quanti sono andati all'assalto di un paese che ne stava in pace e quanti stanno resistendo a quell'assalto (...)
Ne sto parlando perché, (...) non provo il benché minimo compiacimento nel vedere sui giornali di questi giorni le foto dei corpi di soldati russi travolti e uccisi dalla recente controffensiva ucraina.(...)
Fatto è che la guerra in sé è l'orrore assoluto, lo è ogni giorno in più è l'orrore assoluto, lo è ogni giorno in cui viene ulteriormente rasa al suolo un'intera nazione grande due volte d'Italia, ogni giorni in cui muoiono di una morte spesso atroce uomini dell'una e dall'altra parte."
da "Uffà" di Giampiero Mughini  "Il Foglio",  martedì 11 Ottobre 2022

Per una straordinaria coincidenza nello stesso giorno di Ottobre del 2022, due illustri scrittori e saggisti su due diversi quotidiani hanno reso pubbliche alcune loro riflessioni partendo dall'assistere al dramma della guerra d'invasione russa in Ucraina. Riflessioni riguardanti l'orrore bellico vissuto dai soldati sul fronte, tra gesti d'efferata violenza e gesti di insperata pietà nella consapevolezza di essere pedine di un gioco al massacro più grande. E proprio in questa guerra che nonostante sia scoppiata all'inizio del terzo millennio è ancora terribile palcoscenico di scontri tra soldati nelle trincee.
Giovani mandati allo sbaraglio in guerra a loro insaputa contro giovani che difendono la loro terra.


COMPAGNI D'ARMI

"Queste montagne coperte da nebbia
ora sono una casa per me,
ma la mia casa è la pianura
e lo sarà sempre.
Un giorno tornerete
nelle vostre valli e nelle vostre fattorie
e non brucerete più
per essere compagni d'armi

Attraverso questi campi di distruzione
battesimo del fuoco
ho guardato tutta la vostra sofferenza
quando le battaglie infuriavano davvero
e anche se mi hanno fatto così male,
nella paura e nell'agitazione,
non mi avete mai abbandonato
oh, miei compagni.

Ci sono tanti mondi differenti,
tanti soli diversi
e abbiamo solo un mondo
anche se viviamo diversi
Ora il sole è andato all'inferno
e la luna sta alta nel cielo
fatemi dire addio a voi.
Ogni uomo è destinato a morire
ed è scritto nelle stelle
e in ogni linea del suo palmo.
Siamo davvero matti a far combattere
la guerra ai nostri compagni d'armi!"

Con un finale di disincantato realismo si conclude "Brothers in arms" un brano pubblicato dai Dire Straits nel 1985 contenuto nell'album omonimo.
Inglesi come i Police, insieme agli irlandesi U2, capitanati dal leader assoluto Mark Knopfler (autore di testi e musica), sono stati i capofila planetari del rock nato e cresciuto dalla fine dei settanta e dilagato per tutto il decennio successivo.
Con l'impronta decisiva del suono caldo e dalla tecnica sopraffina della chitarra di Knopfler, (i suoi maestri dichiarati J.J.Cale ed Eric Clapton) rimangono nella storia del rock come una band elegante e mai sguaiata, interprete di lunghe cavalcate elettriche e di ballate acustiche insuperabili: un vero marchio di fabbrica.
Già all'inizio di carriera, appena dopo la pubblicazione dei primi due album, Knopfler sarà chiamato alla corte di re Bob Dylan, per produrre e arrangiare "Slow train coming" (l'album cristiano del menestrello di Duluth) e più tardi anche "Infidels".
Il gruppo continuerà a mietere successi e riconoscimenti, quando all'inizio dei novanta, si scioglierà, senza particolari polemiche e il leader continuerà la sua carriera solista incidendo ancora molti album      adagiati su atmosfere sempre meno rock e sempre più irish folk, forse un pò ripetitivi, ma testimonianza di un'innegabile classe compositiva e interpretativa.
Knopfler è un artista molto riservato, serio con il suo pubblico, che non si è mai imposto nel mondo 
chiassoso dello star system e le sue canzoni sono quadretti di vita quotidiana, mai portatrici di slogan social - politici.
"Brothers in arms", forse è un'eccezione nell'abbondante catalogo: questo racconto di uomini, soldati in guerra e un finale così amaro. In una rara intervista ha confessato:
"Sono orgoglioso dei miei brani. Li ho scritti e li suono ancora oggi. Sono pietre miliari nelle vite di molte persone. Se suono 'Brothers in arms', so che significa molto per gli spettatori.
Queste canzoni mi hanno lasciato molti anni fa, oggi appartengono a tutti voi.
Mi sento onorato di poterle suonare per il pubblico.
Ma al tempo stesso devi cercare di difenderti, per non rischiare di diventare solo una macchietta o un juke box a comando."

Avete capito il tipo?


Di "Brothers in arms" vi proponiamo due versioni live del Knopfler solista di qualche anno fa.
La prima con accompagnamento d'archi, la seconda, più elettrica con il gruppo rock: due atmosfere diverse ma con lo stesso ottimo risultato.       







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