Un solo popolo - Massimo Priviero

"E' la prima cosa di cui abbiamo bisogno: una Chiesa che cammina insieme, che percorre le strade della vita con la fiaccola del Vangelo accesa.
La Chiesa non è una fortezza, non è un potentato, un castello situato in alto che guarda il mondo con distanza e sufficienza.
La Chiesa è la comunità che desidera attirare a Cristo con la gioia del Vangelo - non il castello! - è il lievito che fa fermentare il Regno dell'amore e della pace dentro la pasta del mondo.
Per favore, non cediamo alla tentazione della magnificenza, della grandezza mondana!
La Chiesa deve essere umile come era Gesù, che si è svuotato di tutto, che si è fatto povero per arricchirci (cfr Cor 8,9): così è venuto ad abitare in mezzo a noi e a guarire la nostra umanità ferita"

Sono queste le parole accorate che papa Francesco ha espresso nel discorso davanti ai Vescovi, ai religiosi e ai catechisti nella Cattedrale di San Martino a Bratislava il 13 Settembre 2021, durante il suo Viaggio Apostolico in Slovacchia.
Il Santo Padre ha così continuato:
"Ecco, è bella una Chiesa umile che non si separa dal mondo e non guarda con distacco la vita, ma la 'abita dentro'.
Abitare dentro, non dimentichiamolo: condividere, camminare insieme, accogliere le domande e le attese della gente.
Questo ci aiuta ad uscire dall'autoreferenzialità: il centro della Chiesa ... chi è il centro della Chiesa?
Non è la Chiesa! (...) Il centro della Chiesa non è se stessa. Usciamo dalla preoccupazione eccessiva per noi stessi (...) immergiamoci invece nella vita reale, la vita reale della gente e chiediamoci: quali sono i bisogni e le attese spirituali del nostro popolo? (...)
Una Chiesa che forma alla libertà interiore e responsabile, che sa essere creativa immergendosi nella storia e nella cultura, è anche una Chiesa che sa dialogare con il mondo, con chi confessa Cristo senza essere 'dei nostri', con chi vive la fatica di una ricerca religiosa, anche con chi non crede.
Non è selettiva di un gruppetto, no, dialoga con tutti (...) parla con tutti. (...)
L'unità, la comunione e il dialogo sono sempre fragili (...) il ricordo delle ferite può far scivolare nel risentimento, nella sfiducia, perfino nel disprezzo (...)
C'è l'invito di Gesù a spezzare il circolo vizioso e distruttivo della violenza, porgendo l'altra guancia a chi ci percuote, per vincere il male con il bene (cfr Rm 12,21) (...)
Questo è Vangelo! Cresce nella vita e nella storia attraverso l'amore umile, attraverso l'amore paziente."

Queste parole del Pontefice non possono non far venire alla mente le parole di Cristo nel famoso discorso evangelico delle Beatitudini ("Beati voi che ...)
Parole che risuonano ancora nel 2021 anche grazie ad artisti, artisti rock!, che accompagnano la loro sensibilità musicale con una tensione all'umano, al racconto della realtà, con un impronta che non si esagera a definire religiosa, dove per religioso si intende riconoscere la realtà tenendo conto di tutti i fattori che impregnano la nostra vita quotidiana.
E' senz'altro il caso di Massimo Priviero, rocker ruspante, origini venete, trapiantato a Milano, che album dopo album, ci guida, ora con profonde ballate acustiche, ora con veementi "tirate" rock nel solco della più sincera tradizione nord americana.
Le storie dolenti dei soldati della Grande Guerra, le persecuzioni e le pulizie etniche dei popoli, i racconti degli emigrati italiani verso una vita migliore oltre confine, il dramma degli emigranti dalle terre inospitali, i complicati rapporti tra generazioni, gli amori irrisolti tra uomini e donne; questi gli argomenti trattati in quarant'anni di carriera, sorretta da un popolo di fedelissimi sostenitori.
Tutti argomenti abbracciati da uno sguardo di speranza, quasi preghiere che discendono dalla coscienza che esista un Qualcosa, Qualcuno, che accolga tutto ciò con misericordia.

E' così anche per l'ultima fatica creativa di Priviero, "Essenziale", pubblicato nell'ottobre 2021, dove nella tracklist (oltre al brano "Redenzione" presentato in una precedente "stanza") primeggia "Un solo popolo" che ha come incipit davvero sorprendente il testo evangelico del Discorso delle Beatitudini, per poi svilupparsi in una sorta di inno corale in bilico tra le atmosfere pacifiste di "Give me peace a change" di lennoniana memoria e "Il popolo canta la sua liberazione" dall'ispirazione cattolica, quasi liturgica di Claudio Chieffo (altro protagonista di queste "stanze").
E infatti, così Priviero introduce il brano:
"La vita mi ha fatto un grande dono. Il dono di avere una fede. Fragile. Incostante.
Il senso del testo di questa canzone, e pure il grande sogno da inseguire, resta quello di un'unica grande anima del mondo."
In una intervista rilasciata al mensile "Buscadero", storico periodico di informazione rock, all'intervistatore Guido Giazzi, afferma:
"Nella prima parte del brano ho inserito un recitativo de 'Il discorso della montagna", riportato dal vangelo secondo Matteo. Qui è Cristo che parla come quello che afferma può essere valido per qualsiasi religione. Anzi, per qualunque uomo, a prescindere da una fede. (...)
Mio padre si definiva cristiano e socialista, due termini che oggi a molti sembrano fuori tempo.
Ma confesso che amo e rispetto ancora molto queste due parole.
Indicano anche idealità, segnano un viaggio che segui per migliorare la vita tua e del mondo dove sei ospite e spendersi con la parte debole del mondo, con quelli che chiamano gli ultimi è per me un concetto primario. E tornando al concetto di fede, credo fortemente in quello che è chiamato 'Spirito di Assisi'. Pur in un mondo come il nostro parecchio ateizzato e parecchio incapace di costruire un domani comune, spesso incapace di idealità.
Ma è un discorso che, mi rendo conto, avrebbe bisogno di ben altro approfondimento."





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