Sul divano occidentale - Vinicio Capossela

"Dunque il diluvio è qui, e annega la nostra ragione in queste immagini orribili che piovono in modo torrenziale e che i terroristi stessi diffondono su TikTok e Instagram, per raggiungere i nostri giovani (...) Dopodiché, ci sono le immagini di Gaza in rovina, l'ospedale Al-Ahli, la chiesa di San Porfirio, i cadaveri che giacciono sotto le macerie mentre noi siamo nella nostra poltrona davanti allo schermo, incapaci di inquadrare le circostanze di questa visione ipnotica (...) così come basta un pulsante per visionare queste violenze, allo stesso modo cerchiamo un pulsante per farle sparire.
La pace subito! Purché tutto finisca rapidamente! Purché possiamo tornare al nostro comfort!" 
Dalle pagine del numero di novembre del mensile "Tempi", il filosofo e saggista francese di origine ebraico/tunisina, da tempo convertitosi al cattolicesimo, Fabrice Hadjadj, così affronta il rapporto tra il dramma della guerra tra Israele ed Hamas, (risposta militare provocata  dall'atto terroristico del gruppo armato palestinese) e l'atteggiamento del cittadino occidentale davanti alle immagini dei media televisivi. 
Considerazioni confermate da attenti osservatori italiani:
"Gli orrori insostenibili mettono in crisi la nostra esistenza (...) dopo lo sbigottimento, il disgusto, la rabbia e l'orgoglio, riprende il rumore d fondo dei talk-show, che alla fine sono lì a dirci 'tranquilli la vita continua, ci sono sempre le nostre stronzate' (...). Tre - quattro giorni è il tempo di reazione nella nostra epoca, per metabolizzare il trauma. Per addomesticare le immagini raccapriccianti (...) poi però le atrocità diventano un ingrediente tra i tanti nel flusso disordinato dell'intrattenimento che scorre impetuoso sui nostri smartphone. Si riprende e ridere e scherzare tra di noi, come sul Titanic, come in 'Don't look up'" 
(da "Noi e il dolore degli altri" di Andrea Minuz, Il Foglio, 14 ottobre 2023)

"Noi ci stanca in fretta. Le guerre durano anni, e la nostra attenzione cala come davanti ad una soap opera che stanca. Spegnere tutto, fare silenzio (...) Spegnere tutto: egoismo, certo. Mi chiedo però se possiamo sopportare un simile carico di informazione quotidiano. Se non ne siamo sommersi, alla fine, e non ce ne resta che stanchezza e senso di impotenza. Mentre ci sarebbe tanto da fare, e non solo a parole, per ricominciare"  
(da "L'accanimento mediatico e quella tentazione di spegnere tutto" di Marina Corradi, Avvenire, 23 Novembre 2023)

Il docente universitario ed esperto in comunicazione Andrea Minuz e la giornalista saggista Marina Corradi puntano il dito all'unisono sulla condizione dei media occidentali e la fruizione "passiva" che lo spettatore occidentale (ognuno di noi) vive nel quotidiano.

Nell'aprile 2023, Vinicio Capossela licenzia un nuovo album dal titolo esplicito : "Tredici canzoni urgenti". Il periodo pandemico sembra ormai alle spalle (almeno la drammatica emergenza) ma i problemi endemici della società non solo italiana ritornano alla ribalta; in più la coscienza "occidentale" si trova ad affrontare una situazione di guerra (quella scoppiata per l'invasione militare della Russia di Putin in Ucraina), una situazione decisamente inedita non semplicemente "alle porte" ma proprio all'interno del territorio europeo dell'est. 
Con la sua voce sghemba e la sua musica in cui si riconoscono i movimenti dei suoni caldi e dei ritmi etnici sorvolando su frontiere e culture , Capossela confeziona una track list di brani con i testi immersi nella storia resistenziale contro il fascismo, fino ai temi attuali del consumismo e alla violenza contro le donne.
Ma il tema che predomina è quello delle guerre, di tutte le guerre, di ogni epoca, non rinunciando ad una parentesi satirica su come la guerra "lontana" venga percepita nella società del profondo occidente che ne scopre solo gli echi attraverso i media, specie quelli televisivi.
Così nel brano "Sul divano occidentale":  
"'Sul divano occidentale' rappresenta la nostra posizione di fruizione della realtà e anche di partecipazione. Negli ultimi anni c'è stato un processo di domiciliarizzazione di tutto, dal cibo al all'intrattenimento, passando per la paura. Però la parola divano viene da un termine orientale, diwan, ovvero i componimenti che servivano per elevarsi: quindi dal divano ci si alza."
E spaziando nei temi dell'intero lavoro discografico il cantautore afferma:
"Il sentimento della rabbia non mi appartiene. Forse c'è l'indignazione, ma più che altro consapevolezza.
La rabbia a volte può essere legittima, ma si tratta comunque di esperienze che vengono vissute in modo individuale. Invece servono condivisione e comunità. Dobbiamo uscire dal nostro recinto e fare dei nostri limiti una possibilità."
(da un'intervista a La Repubblica, inserto Milano, 11 Novembre 2023) 

La critica italiana ha riconosciuto il valore del disco nella sua interezza, premiandolo con la Targa Tenco, come miglior album dell'anno.  
Il brano in questione, tra l'altro, si avvale di un arrangiamento molto caustico, frenetico, tempo fa si sarebbe definito "ska", quasi come se accompagnasse l'ironia del testo trasformando in ridicolo il dramma di una posizione umana assolutamente diffusa nella società occidentale "in pace".
Proprio come denunciato negli articoli con i quali abbiamo aperto questa "stanza"  





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