Un'idea - Giorgio Gaber

"Vorrei concludere questo passaggio (...) da una parola che mi è suggerita dal linguaggio biblico: invece che esperienza elementare, potremmo usare il linguaggio biblico che parla di "cuore"(...)
Se non volete essere alienati, cioè non schiavi di nessuno, abituatevi a paragonare tutto ciò che io vi dirò e tutto ciò che gli altri vi diranno col vostro cuore. (...): Il cuore con cui dobbiamo abituarci a paragonare tutto se non vogliamo diventare vittime, alienati, è l'impeto vitale con cui l'essere umano si protende sulla realtà cercando di immedesimarsi con essa attraverso la realizzazione di un progetto che detti, imponga, alla realtà stessa l'immagine ideale che lo stimola dal dentro. (...)  
Poniamo che siamo in un classe di liceo dove ci sia un professore di filosofia e che sia un idealista (...) e dica: vedete noi abbiamo l'impressione che questo sia un foglio di carta, come realtà oggettiva fuori di noi, ma se tu non lo conosci, non esiste, non esiste! Perché la coscienza del mondo, si chiama "io", no?
non esiste se tu non lo conosci. Vedete dunque che questa impressione apparente deve essere corretta dalla riflessione, (perdonate le semplificazioni e approssimazioni), secondo questo professore è il pensiero che genera la realtà. (...).
Arriva il supplente del professore, il quale è un giovincello appena laureato e domanda alla classe a che punto erano arrivati col programma e dice: tutti noi abbiamo l'impressione che questo sia un foglio di carta, un oggetto fuori di noi, chiunque non può che partire da questo, anche gli idealisti e gli scettici sono stati costretti a partire da questo, chiaro?
Ma se io non lo conosco, non esiste. Vedete allora che la conoscenza è un incontro della mia energia conoscitiva e dell'oggetto reale, senza questo incontro non c'è verità. (...)
Quale posizione corrisponde di più alla mia esperienza elementare? Quella del giovane professore, perché mi spiega di più, non esaurisce, ma mi spiega di più tutti i fattori della evidenza, perché mi salva quella dell'oggettività del foglio e quella della creatività della conoscenza, la vitalità della mia capacità conoscitiva. Ecco il giovane professore è un realista." 

Questa citazione è tratta dalla puntata "Realismo" la prima in una serie di altre tredici, del podcast "Luigi Giussani. Il senso religioso" prodotto da Chora Media, in cui, a cura della "Fraternità di Comunione e Liberazione", vengono raccolte le registrazioni inedite delle lezioni del gran prete brianzolo, carismatico iniziatore dello stesso movimento ecclesiale, sviluppatosi in diverse fasi storiche e con diverso nome fin dagli anni '50, su "Il senso religioso" tenute tra il 1978 e il 1985.
Il virgolettato introduttivo proposto è una sintesi di una esposizione orale ben più completa, compresa tra il minuto 21,30 e il minuto 27,30.
E' una grande opportunità per ascoltare (magari per la prima volta) tutta la passione e l'impeto, assolutamente coinvolgenti, per chiunque lo ascoltasse, con cui Giussani invitava il suo giovane uditorio a "paragonare tutto (...) con la vostra esperienza elementare".   

"Chi sei?"
"Sono un non so (...) sono uno che scrive" 
"Ah, sei un poeta! (...)Un poeta rivoluzionarlo?"
"Si, rivoluzionarlo (...) Parlo dell'uomo, dei suo rapporti, dell'amore, parlo di un albero"
"Ah, di un' albero! Ma non lo sai che parlare di un albero in tempo di rivoluzione è come tradire la rivoluzione?"
"C'è la rivoluzione?"
(...)"Parlavo dell'impegno, dell'impegno ideologico"
(...)"A me non interessa il cervello che va, va ... chissà dove. Deve passare da qui dentro, è l'istinto che mi interessa, lo stomaco"
(...)"Fai ancora il discorso sui sentimenti, sui dolori (...) Ma credi veramente di servire a qualcosa? (...) Non riesci a tirar fuori un'idea, a modificarla, a cambiarla"
(...)"Un'idea, modificarla, cambiarla, elaborarla, non ci vuole mica tanto.
E' cambiarsi davvero, è cambiarsi di dentro che è un'altra cosa!"

E' il 1972, nei teatri, è da poco iniziata la grande esperienza, inedita in Italia, del "Teatro Canzone", un tipo di spettacolo che vedrà protagonista in scena Giorgio Gaber fino alla fine degli anni '90, affrontare con piglio e giudizi originali, attraverso monologhi e canzoni, gli avvenimenti e il cambiamento culturale e politico, in modo turbolento e non senza drammatiche contraddizioni, della società italiana.
Ne abbiamo già parlato in molte "stanze" di questo blog.
Ma colpisce come approfondimenti sull'umanità inquieta sul "perché" del proprio vivere, in qualche modo incrocino esperienze quotidiane di personalità tanto diverse.
Non dimentichiamoci (e anche questo è stato più volte ricordato in questo blog), che se Gaber ci mettesse la faccia, convinto del messaggio, davanti al pubblico, il gran lavoro sui testi era opera di Sandro Luporini, che così, nell'imprescindibile libro "G. Vi racconto Gaber" (Mondadori, 2013) "spiega" la canzone "Un'idea":    
"Subito dopo l'introduzione, nella quale abbiamo rubato un'intera frase a Brecht: 'parlare di un albero in tempo di rivoluzione è come tradire la rivoluzione', Giorgio aveva messo 'Un'idea', canzone per noi importantissima. (...) Questa incapacità dell'uomo di mettere in sintonia i propri pensieri con le risposte che gli vengono dal corpo (...) Alla fine noi possiamo fare tanti bei discorsi, anche quelli che ci sembrano più giusti, ma è poi il nostro corpo che, come accade con il cibo, deve contenerli e assorbirli.
La sua ribellione istintiva e la sua incapacità di digerire una certa idea si manifestano con un malessere fisico chiaro, che non possiamo fingere di non vedere. (...)
Ed è da questa mancanza di sintonia tra corpo e mente che vengono fuori i nostri comportamenti contradditori. Il naufragio dei nostri slanci personali, tutti i nostri fallimenti sono la conseguenza della distanza tra pensiero e sentimento (...) come se si fiaccasse l'essenza naturale della vita. (...)
Qualcuno ha azzardato l'ipotesi che Gesù Cristo volesse intendere la stessa cosa con l'Eucarestia: l'idea che ti entra nel corpo.
Ho certamente esagerato. Era soltanto una canzone (...) mi preoccupava al morte dell'uomo per la sua incapacità di conservare se stesso nella sua naturalità, quell'armonia tra pensiero e sentimento che sta alla base della sua vera essenza.
Il principale merito di 'Un'idea' sta forse nella capacità di rendere immediato a tutti questo concetto di base, intuitivamente semplice, ma che ha dietro implicazioni complesse."

Senza voler forzare le riflessioni di Luporini (antico anarchico toscano), possiamo forse riconoscere nel termine "sentimento" il "cuore" giussaniano, e in quello di "malessere", quell'"alienazione" che il sacerdote lombardo indica come condizione umana di fronte all'ideologia.
Comunque, una comune, sorprendente attenzione al problema del "vivere" (e anche un pò scandalosa per clericali e perbenisti, categoria di cui facciamo parte inconsapevolmente o meno, tutti quanti).
Una vicinanza di "visione", che si svilupperà negli anni tra Giussani e Gaber attraverso gli incontri, anche pubblici, tra l'artista e personalità di CL.
Comunque Giussani, già nelle sue lezioni, affermava: 
"L'anarchia infatti è una posizione estremamente affascinante. Io non riuscivo a capire se non due posizioni degne dell' uomo: la prima l'anarchia, la seconda una religiosità vera perché sia l'una che l'altra collocano l'uomo di fronte al Destino, danno all'uomo la misura dell'infinito".
( sempre dal podcast citato e sempre dalla puntata "Realismo" dal minuto 28,20 al minuto 29

Giorgio Gaber e Sandro Luporini, sono stati la conferma concreta della dignità della critica di ispirazione anarchica sulla vita umana, così ben delineata da Giussani, così da far accadere fra queste due esperienze ben diverse, un appassionato incontro e confronto.   






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