Il cuoco di Salò - Francesco De Gregori

"25 Settembre 1943: sull'aeroporto di Forlì, da un aereo proveniente da Monaco di Baviera, Mussolini scende reduce da un breve e travagliato soggiorno in Germania presso il quartier generale di Hitler.
A scortarlo ufficiali tedeschi, ad attenderlo il plenipotenziario tedesco Rudolph von Rahn e il comandante delle ss in Italia Karl Wolff. E' una scena emblematica quella che si svolge quel giorno (...) una scena ben diversa da quella di cinque anni prima. Ora ci sono solo divise e autorità tedesche, a voler ribadire, anche fisicamente, la stretta 'sorveglianza - protezione' cui il Duce sarebbe stato sottoposto durante tutto l'arco dei 600 giorni della Repubblica sociale. (...)
Mussolini si sarebbe piegato dunque all'aut aut postogli da Hitler per motivazioni eminentemente patriottiche, accettando il progetto presentatogli dal Fuhrer come un sacrificio per la difesa dell'Italia.
'Non c'è altra scelta', avrebbe confidato al figlio Vittorio. 'Bisogna salvare l'Italia da maggiori disastri'.
(...)
Sotto molti punti di vista, dunque, si potrebbe parlare, per la Repubblica sociale, di 'repubblica necessaria', (...) nelle particolari condizioni in cui la Repubblica sociale nacque - nell'abisso del discredito internazionale e del disgregamento nazionale in cui l'armistizio dell'8 settembre aveva fatto piombare l'Italia - sarebbe stato impossibile per essa rivendicare una vera e propria autonomia (da governo nazista tedesco  n.d.r). (...)
E' chiaro, comunque come, aldilà dell'atteggiamento tenuto da Mussolini, il dibattito sviluppatosi sulla stampa nei mesi della Repubblica di Salò contribuì allora a fornire una certa immagine di vivacità (tanto più se confrontata con l'appiattimento imposto durante il regime dalle veline del Minculpop) e conferma oggi l'immagine di una Repubblica sociale tutt'altro che unitaria."
Queste poche righe sono l'estrema sintesi del capitolo che Renzo De Felice nel suo libro "Breve storia del fascismo" ("Le scie" ed. Mondadori, 2001) dedica al racconto  della vicenda finale del fascismo mussoliniano con la nascita della Repubblica sociale a Salò.
La figura di Renzo De Felice (1929 - 1996) è quella di uno dei più grandi storici italiani, che dedicò i suoi studi (anche come docente universitario) al dramma della dittatura nel ventennio fascista, rendendosi autore, tra numerose altre, di un'opera omnia sulla vita di Mussolini (ben otto volumi!).
Dapprima militante comunista (pur non ripudiando le sue origini) si ritrovò negli ultimi anni di vita a sviluppare un pensiero liberale, trovandosi a difendere la sua produzione di ricerca storica, scevra da una certa ideologia settaria, dall'accusa ingiusta di "revisionismo".

"Dovevo laurearmi con Renzo De Felice, ma poi non se ne fece niente, la musica mi ha preso la mano (...) Ma la passione per la storia mi è rimasta. Soprattutto per quella del fascismo su cui continuo a leggere un pò di tutto".
Francesco De Gregori così rivela un pezzo della sua storia a Luca Valtorta sull'inserto di Repubblica "Robinson" nel settembre 2020.
Anno 2001: De Gregori pubblica l'album "Amore nel pomeriggio". Un titolo un pò spiazzante per un lavoro che contiene almeno due chicche che rimarranno nel suo catalogo ben in evidenza: "Sempre e per sempre" e la canzone tra le più intense e controverse: "Il cuoco di Salò", dove per Salò si intende proprio il luogo della Repubblica sociale.
"Parlare della Repubblica di Salò in una canzone non è esattamente la prima cosa che viene in mente a uno che fa questo mestiere. (...) Con questa canzone non ho mai voluto aprire un dibattito, ho solo immaginato la figura di un cuoco che filosofeggia del suo tempo orribile, guarda dalla finestra della sua cucina e non sceglie, non si schiera forse per vigliaccheria, forse per inadeguatezza."
Così il cantautore romano si confida a Paolo Vites, nel 2009 in una lunga intervista nella collana "Contemporanea", composta da cd e libretto allegata al Corriere della Sera.
Ma sono già passati diversi anni dalla pubblicazione del brano, che ha visto De Gregori al centro di polemiche, tanto da essere accusato di revisionismo
Addirittura, la polemica approda sulle prime pagine dei quotidiani. Anche se, proprio nell'anno di uscita dell'album, dopo qualche mese di silenzio, pubblicamente puntualizza:
"La canzone, se uno analizza il testo, racconta delle cose oggettivamente accadute, non si schiera da una parte o dall'altra. (...) Io sono un uomo di sinistra e quindi ho, diciamo, un'idea chiara su quello che è un giudizio storico, politico, morale sul fascismo (...). Non è questa l'intenzione, perché non è una canzone politica. (...) Credo che oggi nessuno lo possa contestare che comunque anche quelli che combattevano dalla parte dei fascisti, anche i repubblichini, anche quelli alleati con i tedeschi, erano comunque italiani. Quindi probabilmente avevano delle ragioni forti, patriottiche per compiere quella scelta. Questo, chiaramente non vuol dire giustificarli. Non è la canzone la sede per giustificare. (...)
No. La canzone vive di altre cose, insomma."
Ci vorrebbero pagine e pagine per approfondire tutti i risvolti storici, umani e artistici di questo brano così singolare e "insolito". Anche per quanto riguarda la confezione musicale, la storia è abbastanza particolare. 
Alla ricerca di un suono giusto che ne valorizzasse il testo, De Gregori si affidò alla sensibilità di Franco Battiato che trasformò il brano quasi in un lied componendo con entusiasmo una partitura orchestrale su misura.
Sono passati gli anni e il tema de "Il cuoco di Salò" è ancora molto attuale: ancora nel 2016 tra le pagine del libro "Passo d'uomo" (Editori Laterza) in cui dialoga con Antonio Gnoli, De Gregori afferma:
"Aldilà delle scelte che ciascuno alla fine ha fatto, il dramma di quegli anni, per tutte le persone moralmente consapevoli, sia consistito anche nel senso da dare a parole come Resistenza e Libertà (...)
"Con l'aggravante che abbiamo usato i contrasti storici di quel periodo per poter continuare a dividerci su molto meno, sullo spicciolo quotidiano. Si è a lungo usato il feticcio della guerra civile, del fascismo, dell'antifascismo per spaccarci, confliggere, insultarci su tutto. E' l'anomalìa del nostro Paese rispetto ad altri che hanno avuto come noi la guerra, ma non hanno trascinato meccanicamente le divisioni del passato nella politica dell'oggi."       

 


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