Lover lover lover - Leonard Cohen

" (...) del resto, sono sempre più convinto che non si può parlare di speranza se non si ha una fede, perché la speranza è figlia della fede, se è vero che parlare di pace e giustizia fuori dal contesto della fede e fiducia è davvero retorica. (...)
Non devo parlare di giustizia e pace in generale, ma come io, Pierbattista, vivo il mio impegno per la giustizia e per la pace. 
Il 20 Agosto 2022, davanti ad una moltitudine di ascoltatori in presenza e in rete, il Patriarca della comunità cattolica di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, partecipa ad un incontro, all'interno del Meeting per l'amicizia dei popoli a Rimini, dal titolo "Artigiani di pace", insieme al card. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui in Centrafrica e a Paolo Pezzi, arcivescovo Metropolita della Madre di Dio a Mosca.
Una testimonianza, quella di Pizzaballa, pregna di sano realismo e di grande partecipazione e sofferenza sulla situazione odierna in Terra Santa, per la duraturo conflitto tra le autorità israeliane e il popolo palestinese, composto da arabi musulmani e cristiani.
Una matassa fatta di guerra latente, in cui sbrogliare la matassa per una risoluzione pacifica sembra quasi impossibile: 
"Se è oggi è vero che parlare di pace in Medio Oriente, significa stare dalla parte di chi combatte i mulini a vento, è però vero che il desiderio di pace e giustizia deve essere compito di ciascuno, di ognuno, soprattutto a chi ha responsabilità, deve essere chiaro a ciascuno di noi, soprattutto in me (...)
che l'impegno per la pace e la giustizia non è un di più, un elemento accessorio di cui si può fare anche a meno: al contrario la fede in Dio genera un desiderio di bene per ogni uomo, che possa avere una vita degna come persona creata ad immagine e somiglianza di Dio. (...)
Oggi ciò che accomuna tutti, israeliani e palestinesi, è la mancanza di fiducia, nessuno più si fida dell'altro, sul piano politico, né su quello sociale. Nessuno vuole più sentire di piani di pace dopo anni di fallimenti.
Ma la lista è lunga ... (...)
Il perdono è un ingrediente necessario per superare questa "impasse".
Il perdono genera pace. Il perdono non è un tema scontato, ma è visto spesso come debolezza.
Nel contesto israelo-palestinese il perdono è visto come la rinuncia alla difesa dei propri diritti.
Ma la difesa dei diritti di Dio e la difesa dei diritti dell'uomo, e viceversa, non si può separare. (...)
La provvidenza, oggi, ha bisogno dell'impegno per la giustizia e la pace: sono convinto che non si possono superare gli ostacoli nel cammino di riconciliazione, né progettare un futuro sereno se non si avrà il coraggio di purificare la propria lettura della storia, dall'enorme bagaglio di dolore e ingiustizie che ancora condizionano pesantemente il presente e le scelte che oggi si compiono.
Non si tratta di dimenticare, certamente sarà tuttavia molto difficile costruire un futuro sereno se si pone la propria identità personale nell'essere vittima, anziché fondare la prospettiva su una futura speranza."

"Leonard Cohen, scrive "Lover lover lover" nel 1973, quando si trova nel deserto del Sinai per intrattenere i soldati israeliani impegnati nella guerra del Kippur.
In passato si era schierato (lui, canadese di origini ebree n.d.r.) a favore della restituzione dei territori arabi occupati da Israele durante la Guerra dei sei giorni, ma ora decide di sostenere lo Stato ebraico, la sua 'mitica patria', e lo farà alla sua maniera, cioè cantando per le truppe che combattono al fronte.
Darà il suo appoggio quasi per un mese. (...)
Il testo di questa canzone, come quasi sempre succede è passibile di più interpretazioni, ma visto il contesto in cui la scrive, quella più probabile è relativa alla sua identificazione di ebreo, anzi di ebreo dello Stato di Israele."
Così scrive Roberto Castelli, nel suo ottimo libro di testi commentati, edito da Arcana nel 2014 "Leonard Cohen. Hallelujah".
Lo riprenderemo più avanti.

Lunedì 20 Agosto 2022, il quotidiano "Il Foglio" pubblica la traduzione di un lungo articolo del giornalista canadese Matti Friedman, che fa un passo avanti nella narrazione della creazione di questa canzone e lo fa dopo aver consultato un piccolo taccuino arancione su cui il poeta cantante, già autore di successi mondiali quali  Suzanne e Bird on the wire, annotò nel suo viaggio con le truppe israeliane, intimi pensieri:
"Sono sceso nel deserto per aiutare i miei fratelli a combattere.
Sapevo che non avevano torto.
Sapevo che non avevano ragione.
Ma le ossa devono stare dritte e camminare
e il sangue deve muoversi in giro
e gli uomini devono fare brutte linee
sulla terra santa."
Commenta Friedman:
"Non c'è da meravigliarsi che Cohen si sia ripreso velocemente. Il suo passo indietro fu certamente legato alla consapevolezza che, a prescindere dalle sue personali fedeltà in quelle settimane, come poeta, doveva essere più grande degli israeliani, e più grande di quella guerra. (...)
Il cambiamento potrebbe essere legato ad un momento specifico durante la guerra, che sembra essere stato un punto di rottura. Ecco come lo descrive nel suo manoscritto:
"Atterraggio dell'elicottero. Nel forte vento i soldati corrono a scaricarlo. E' pieno di uomini feriti.
Vedo le loro bende e mi trattengo dal piangere: sono giovani ebrei che stanno morendo.
Poi qualcuno mi dice che sono feriti egiziani.
Il mio sollievo mi stupisce. Lo odio! Odio il mio sollievo.
Questo non può essere perdonato.
Questo è sangue sulle vostre mani."
Commenta ancora Friedman:
"La sua identificazione tribale era andata troppo oltre."

Cohen, pubblicò "Lover lover lover" nell'album "New skin for old ceremony" del 1974.
Nel testo, le frasi più israeliane furono tolte e durante i concerti riconobbe che questa canzone era stata scritta per i soldati "di entrambe le parti".
Nel 1976, durante un concerto in Francia (una delle versioni che questa "stanza" propone) affermò di aver scritto la canzone per "gli egiziani e gli israeliani", in quest'ordine.
E' sbagliato, però pensare, che queste dichiarazioni siano di abiura della storia, che siano comode affermazioni populiste.
Sono coerenti con il percorso umano, intellettuale, poetico, religioso di Cohen, che ha sempre avuto come ispirazione "quella crepa in ogni cosa in cui entra la luce", quel perdono alla base della pace tra i due popoli così tanto invocato dal Patriarca Pizzaballa.

Concludiamo con il commento di Roberto Castelli:
"Interessante notare che Cohen canti "Lover lover lover" col quale si intende chi dà amore, e quindi in senso assoluto, proprio Dio. (...) A rafforzare l'interpretazione religiosa c'è poi la stessa melodia con cui canta il refrain corale, sostenuta dalla chitarra ritmica e da una percussione primitiva, che ha in sé il sapore di certi canti mistici orientali."

AMORE AMORE AMORE
"Chiesi a mio padre,
Gli dissi, 'padre cambia il mio nome'.
Quello che ho ora è ricoperto di paura, sconcezza e codardia e vergogna.

Oh amore ritorna da me

Mi disse 'Ti ho imprigionato in questo corpo
intendevo metterti alla prova
Puoi usarlo come arma o per far sorridere una donna'
'Fammi cominciare da capo', gridai
per favore, fammi cominciare da capo,
questa volta voglio una faccia che sia onesta,
voglio una spirito che sia pace,'

'Non mi sono mai fatto da parte', disse
'Non me ne sono andato.
Sei tu che hai costruito il tempio,
sei tu che mi hai coperto la faccia' 

Possa lo spirito di questa canzone
possa librarsi puro e libero.
Possa esser uno scudo per te
uno scudo contro il nemico.

Oh, amore amore amore, ritorna da me"




Ora, la versione degli splendidi concerti del 2013, gli ultimi prima della sua morte.
Un arrangiamento trascinante, strumenti che si rincorrono, un coro quasi "liturgico"
Quasi una preghiera, che giustifica pienamente la frase del pittore William Congdon che accompagna le canzoni raccolte in questo blog:
"Se una canzone non è una finestra aperta al Mistero è solo rumore"




Commenti

I più letti

La costruzione di un amore - Ivano Fossati

Il Carmelo di Echt - Giuni Russo

Alessandro - Enrico Ruggeri